Le carte milanesi sono di seme francese, così come le piemontesi e le liguri. Benché vengano spesso indicate anche come “lombarde”, non sono diffuse in tutta la regione, ma soltanto nella parte occidentale. In Lombardia, infatti, coesistono altri due mazzi regionali: le carte bergamasche e quelle bresciane (molto diverse da quelle milanesi, in quanto di seme italiano).Dal punto di vista iconografico, si contraddistinguono per una raffigurazione accurata e molto raffinata delle figure.
Storia delle carte milanesi
La diffusione delle carte da gioco in Italia si colloca tra il Duecento e il Trecento e si deve, con tutta probabilità, agli spagnoli; questi introdussero i ‘naibi’, ossia le carte importate in Spagna dagli Arabi Mamelucchi, nelle quali già si ritrovano i semi delle carte di tipo ‘spagnolo’. Per quanto riguarda Milano e, più in generale, la Lombardia, si sa con certezza che le carte da gioco fossero diffuse già alla fine del 14° secolo, alla corte di Gian Galeazzo Visconti (1351 – 1402). Sua figlia, Valentina, sposò Luigi di Turenna nel 1389, portando in dote un mazzo di “carte di Lombardia” mentre suo figlio minore, Filippo Maria, si appassionò fin da piccolo ai giochi di carte, tanto da commissionare al suo precettore, Marziano da Tortona, un “mazzo degli dèi”, composto da 36 (o 40) carte numerali alle quali si aggiungevano 16 carte, divise in quattro semi: Aquile, Falconi, Cani e Colombe.Nel corso di tutto il Quattrocento, vennero realizzati diversi mazzi di carte alla corte dei Visconti: il celebre mazzo “di Modrone” è attribuito da molti studiosi a Galeazzo Maria Sforza e Bona di Savoia (1468 circa). Dalla corte viscontea proviene anche il “mazzo Colleoni”, noto anche come “Tarocchi dei Visconti”, commissionato da Filippo Maria Visconti o da sua figlia, Bianca Maria. Questo mazzo è particolarmente importante perché, di fatti, divenne il modello per tutti gli altri mazzi lombardi; la produzione venne affidata al pittore e miniatore Bonifacio Bembo, attivo a Cremona a metà del Quattrocento, come dimostrato dalle fonti storiche che attestano alcune commesse alla bottega dei Bembo tra il 1451 e il 1452.
Le carte milanesi attuali si standardizzano nel corso dell’Ottocento. Una versione ‘arcaica’, derivata dalle varianti veneziane e romagnole del mazzo Lyon II, presenta le figure intere e il bollo austriaco sul re di cuori, raffigurato mentre regge un falco con la mano sinistra. Il disegno definitivo, ad opera probabilmente di Teodoro Dotti, risale al 1860 circa epresenta le figure speculari divise a metà.
Carte da gioco milanesi: caratteristiche
Il mazzo milanese, come gli altri regionali diffusi in Italia, conta 40 carte, divise in quattro semi (picche, fiori, quadri e cuori) da dieci carte ciascuno. Di queste, sette rappresentano le cifre dall’1 al 7 mentre le restanti tre sono le tre ‘figure’, ovvero il re, la donna e il fante; come nelle carte genovesi, sono ‘doppie’, ossia rappresentate in maniera speculare, divise in orizzontale. Altra peculiarità di queste carte è il formato: misurano 50×94 mm, risultando così piuttosto strette e lunghe. A rendere caratteristico questo mazzo è la presenza del Biscione Visconteo, simbolo araldico del Ducato di Milano, raffigurato sul petto del fante di fiori.
Giochi carte milanesi
Le carte milanesi consentono di fare qualsiasi gioco per il quale sia necessario un mazzo da quaranta carte come, ad esempio, Scopa, Scopone, Tressette e Briscola, con le relative varianti. Due di queste sono particolarmente diffuse in Lombardia.
La Briscola Cinquecento (detta anche “Marianna”), variante della Briscola tradizionale, si può giocare in due, tre o quattro giocatori (in doppia coppia). La gerarchia delle carte e le modalità di calcolo del punteggio sono le stesse della Briscola standard; la sola differenza è costituita dalle “Marianne”, ossia l’accoppiata di re e cavallo dello stesso seme. La prima vale 40 punti, la seconda 60, la terza 80 e la quarta 100 punti. In alcune varianti ‘regionali’, la Marianna con cavallo e re del seme di briscola vale 40 punti mentre le altre valgono 20.Per il resto, le differenze con la Briscola tradizionale sono le seguenti:
Il mazziere consegna ad ogni giocatore cinque carte coperte anziché tre;
Non c’è un seme di briscola, fin quando un giocatore non dichiara una “Marianna”;
Quando un giocatore ha in mano una Marianna, deve dichiararla, mostrando le due carte agli altri giocatori;
Dopo la dichiarazione di una Marianna, il seme di briscola coincide con quello della Marianna;
Ogni qual volta un giocatore dichiara una Marianna, il seme relativo diventa il nuovo seme di Briscola.
Molto popolare in Lombardia è anche il Ciapanò, denominazione milanese del Traversone, una variante del Tressette. In sostanza, si tratta di un Tressette a perdere, ossia un gioco nel quale si punta a fare meno punti possibili, rinunciando alle prese e cercando di cedere le carte più forti ai propri avversari. In pratica, quando un giocatore cala una carta, gli altri cercano a turno di non superare quelle degli altri, giocando carte da punto (gli onori e le figure), così da costringere gli altri ad effettuare la presa, fermo restando l’obbligo di rispondere con una carta dello stesso seme. Se, durante una mano, un giocatore cede tutte le carte da punto, fa ‘cappotto’, e guadagna 11 punti.