Molto simili a quelle napoletane, le carte siciliane appartengono – così come il mazzo partenopeo – al gruppo dei semi latini; nello specifico, vengono classificate tra i semi spagnoli, caratterizzati dal disegno chiaro e lineare che, pur essendo molto decorato, si presenta meno barocco e ricercato rispetto ad altre carte regionali.
Carte da gioco siciliane: la storia
Così come per le altre carte regionali, anche le origini di quelle siciliane non sono note con certezza. Molto probabilmente, la loro diffusione risale alRinascimento e fu incentivata dalla dominazione spagnola (dal XIV° secolo in poi). In realtà, le carte siciliane presentano numerose analogie con quelle arabe, ed in particolare con le carte che i Mamelucchi Egizianiintrodussero in Spagna già nel Trecento. Si trattava di un mazzo di 52 carte, caratterizzano da una serie di simboli che si sono poi conservati sotto forma di disegni e figure nelle carte di seme spagnolo (come quelle napoletane). L’influsso arabo si può apprezzare nella figura del cavaliere, raffigurato a dorso di un cavallo grigio, riferimento sia alla tradizione cristiana (l’ingresso di Cristo a Gerusalemme) che a quella islamica (gli sceicchi entravano nelle città dominate cavalcando un asino); in aggiunta, la denominazione della carta in dialetto siciliano – Sceccu o Sciccareddu – ha la stesso origine della parola “sceicco”. La popolarità delle carte da gioco in Sicilia aumentò notevolmente nel Rinascimento, quando le costose carte dipinte a mano su pergamena o cuoio furono rimpiazzate da quelle stampate con la tecnica della xilografia.
Le caratteristiche delle carte siciliane
Il mazzo siciliano conta 40 carte, 10 per ciascuno dei quattro semi: denari (o ‘aremi’, in dialetto siciliano), bastoni (o ‘mazzi’), spade e coppe. Ogni seme comprende tre carte sulle quali sono riprodotte tre ‘figure’: la donna (al posto del fante), il cavaliere e il re. Le altre raffigurano, per analogia, le cifre dall’1 al 7. Ciò nonostante, ciascuna carta può acquisire un valore diverso dalla cifra che rappresenta in base al gioco nella quale viene utilizzato. Le carte siciliane sono connotate da un certo simbolismo; le figure, ad esempio, ricordano i protagonisti delle saghe di epoca carolingia mentre l’asso di coppe è raffigurato come un lebete nuziale, utilizzato nelle colonie della Magna Grecia durante la celebrazione dei matrimoni pagani. Nelle monete che rappresentano il due di denari, invece, è raffigurato un profilo maschile (Vittorio Emanuele III di Savoia o Ferdinando delle Due Sicilie) mentre il tre dello stesso seme contiene il simbolo della Trinacria. La moneta centrale del cinque di denari riporta la scena di una biga (ripresa da una moneta da dieci lire); nei primi mazzi, vi era invece l’effige di Giuseppe Garibaldi. Questi eraraffigurato anche nel cavaliere di coppe o spade. In generale, le carte da gioco sono molto simili a quelle del Tarocco Siciliano, che però conta ben 64 carte.
Giochi con le carte siciliane
Sono numerosi i giochi che si possono fare con le carte siciliane. Oltre a quelli diffusi a livello nazionale (scopa e briscola su tutti), infatti, ve ne sono diversi tipicamente regionali. Uno di questi è certamente il Cucù, in cui le carte hanno valore ‘analogico’ dall’1 al 10. Il mazziere gira una carta coperta ad ogni giocatore; questi, dopo averla vista, può deciderla se passarla ad un altro, alla sua destra. Chi ha ricevuto il re, gira la carta e ‘blocca’ il passaggio da parte del giocatore alla sua sinistra e dichiara il ‘Cucù’. Terminato il giro, le carte vengono scoperte e chi ha quella con il valore più basso perde e paga un pegno (una ‘posta’). Piuttosto diffusa è anche la versione con il “morto”, ossia il giocatore che ha perso tutte le poste (in genere tre) rientra se riesce a farne parlare un altro ancora in gioco.
Altro gioco di radicata tradizione in Sicilia è il Ti vitti, espressione dialettale che significa “ti ho visto”. Si gioca in due o più persone ed ha regole molto semplici. Il mazziere distribuisce a ciascun partecipante un uguale numero di carte coperte che formano un mazzetto; il giocatore non può guardarle né modificarne l’ordine ma deve soltanto tenerle coperte. Lo scopo del gioco è finire le proprie carte prima degli altri. Il gioco comincia con un giocatore che scopre una carta dalla cima del proprio mazzo. Se si tratta di un asso, va messa al centro del tavolo e ogni giocatore dovrà ‘posare’ una carta dello stesso seme per creare una scala fino al 10 (re). Se non è possibile poggiare la carta sul mazzo centrale, lo si può poggiare su quella scoperta sopra il mazzo di un altro giocatore, a patto che la propria carta sia dello stesso seme e maggiore di un’unità. Ad esempio, se un avversario ha il quattro di coppe ‘scoperto’, un giocatore può poggiarvi sopra il cinque di coppe.
Infine, si può menzionare anche il “cavazzuddu”, una sorta di corsa dei cavalli. Vengono allineate le quattro carte raffiguranti i cavalli(sui quali si può scommettere) e affiancati ad una fila di carte incolonnate sul tavolo. Ogni carta avanza di una posizione (ossia di una carta) in base al seme della carta scoperta dal mazziere di volta in volta: se, ad esempio, viene calata una carta di spade, il cavaliere di spade avanza di una posizione. Finite le carte del mazzo, si girano quelle incolonnate sul tavolo nel caso in cui sia necessario per decretare il vincitore.