Autore: francesco di maso

Traversone: regole del tressette a perdere

Assieme alla Scopa e alla Briscola, il Tressette rappresenta un grande ‘classico’ dei giochi di carte italiani; non stupisce, quindi, come sia largamente diffuso in tutta la Penisola, non solo nella sua versione tradizionale ma anche sotto forma di numerose varianti locali più o meno codificate. Tra queste, una delle più conosciute è certamente il “Traversone”, chiamato anche “Ciapa no” (nel milanese), “Ass’e mazzo” (ossia ‘asso di mazzo’, in dialetto napoletano), “Rovescino”, “Tressette a perdere” e “Tressette a non prendere”.

Scopo del gioco

Come si può intuire da alcune denominazioni locali o alternative, lo scopo del Traversone è totalizzare il punteggio più basso, anziché il più alto. Ragion per cui, ad inizio partita viene fissato un punteggio limite, che può essere 21, 31, 41 o 100; in alternativa, si stabilisce un numero massimo di smazzate, raggiunto il quale si calcola il punteggio di ciascun giocatore (o squadra) e chi ha quello più basso si aggiudica la vittoria. Qualora venga fissato un punteggio limite, è necessario poi stabilire se la partita si conclude quando un giocatore ‘sballa’, ossia supera la soglia di punti prefissata inizialmente, oppure procedere per eliminazione fin quando non resta in gara un solo giocatore, al quale viene poi riconosciuta la vittoria.

Regole del gioco

Nonostante l’obiettivo del gioco sia diverso, il Traversone presenta regole molto simile a quelle del Tressette tradizionale. Si gioca con un qualsiasi mazzo regionale da 40 carte; il numero di giocatori può variare da un minimo di 2 ad un massimo di 8, con la differenza che non si formano squadre, ma ciascuno gioca contro tutti gli altri. Anche la gerarchia delle carte ricalca quella in vigore nel Tressette: il 3 è la carta di valore più alto, seguono il 2, l’Asso, il Re, il Cavallo, il Fante (o la Donna, in base al mazzo regionale utilizzato), il 7, il 6, il 5 e il 4. Per quanto concerne il valore delle stesse, l’Asso vale un punto, il 2, il 3 e le figure valgono 1/3 di punto mentre le altre sono scartine e non valgono nulla, fatta eccezione per l’Asso di bastoni (o di fiori, in base al mazzo utilizzato), al quale viene riconosciuto un valore di 11 punti, a differenza del Tressette. Di conseguenza, per ogni smazzata è possibile totalizzare 21 punti: 11 di mazzo (1 per ogni Asso, 1/3 per ogni figura, 2 o 3, 1 punto per chi effettua l’ultima presa) e altrettanti per chi riesce a prendere l’Asso di bastoni o di bastoni. Inoltre, nel Traversone non sono previsti gli ‘accusi’. Il gioco si svolge poi come segue: il mazziere mescola le carte e ne distribuisce (solitamente in senso antiorario) cinque coperte ad ogni giocatore; se la partita è giocata in tre, dal mazzo va tolto un 4 (di solito è quello di coppe) mentre se si gioca in sei, vanno tolti tutti i 4. Il giocatore alla destra del mazziere è il primo ‘di mano’, ossia tocca a lui effettuare la prima giocata; come nel Tressette tradizionale, gli altri giocatori devono rispondere alla carta calata dal primo di mano con una dello stesso seme (o ‘palo’). Nel caso in cui non si abbia in mano neanche una carta dello stesso seme, è possibile giocare una carta di seme diverso. Anche il meccanismo di presa è identico a quello del Tressette: al termine della mano, il giocatore che ha calato la carta più alta (in base alla gerarchia di valore) del seme giocato per primo si aggiudica tutte le carte presenti sul tavolo. Al termine di ogni smazzata, ogni giocatore dichiara il punteggio totalizzato, tranne l’ultimo ad effettuare la presa. Il suo punteggio, infatti, viene calcolato sottraendo da 21 i punti realizzati dagli altri giocatori. In aggiunta, se al termine di una smazzata, l’ultimo giocatore ad effettuare la presa totalizza tutti i 21 punti previsti (si dice, in gergo, che ha fatto una “sola” o una “volata”) ha due possibilità:
  • Se ha totalizzato meno di 21 punti – senza contare l’ultima presa – a ciascuno degli altri giocatori vengono assegnati 21 punti;
  • Se, di contro, ha totalizzato più di 21 punti, escludendo quelli guadagnati con l’ultima presa, può sottrarli al proprio punteggio e assegnarli agli altri giocatori.

Varianti regionali del Traversone

A livello regionale sono diffuse diverse varianti del Traversone; tra i giochi con carte napoletane c’è l’“asso di mazzo (“Ass’e mazz”, in dialetto partenopeo), una versione diffusa soprattutto in Campania; non a caso, pare che la “sola” sia stata inventata ad Ischia, dove il gioco (chiamato anche “Tressette ca’ sola”) è ancora molto popolare. In questa variante regionale del Traversone, l’asso di bastoni (ovvero, l’asso di mazzo) viene chiamato in diversi modi: “friariellone”, “aglietiello”, “fravaglio” o “bambiniello”. Il “Ciapa no” (o “Mallardo”), invece, è una variante a tre giocatori molto comune nel milanese; si utilizza un mazzo italiano da 40 carte, senza scartare alcun 4. Di conseguenza, due giocatori avranno in mano 13 carte mentre uno solo ne avrà 14; questi ne deve quindi passare una coperta al giocatore alla sua destra. Allo stesso modo, chi riceve la carta ‘extra’ ne passa una coperta al mazziere; questi, a sua volta, ne scarta una e la lascia coperta sul tavolo: l’ultimo giocatore ad effettuare una presa si aggiudica anche la carta messa da parte. La variante lucana, infine, prevede la possibilità di scartare delle carte coperte (da aggiungere agli scarti dell’ultima presa), nel caso in cui non tutti i giocatori abbiano ricevuto lo stesso numero di carte.

Solitario Canfield: quali sono le regole

I solitari con le carte da gioco sono diffusi in tutto il mondo; in Italia ne esistono numerosi, radicati nella tradizione popolare. A questi si aggiungono quelli di origine straniera, perlopiù inglese o francese, a creare un universo estremamente variegato: in alcuni giochi, infatti, la componente aleatoria è quasi sempre fondamentale (se non decisiva) mentre in altri la capacità di mettere in atto una buona strategia contribuisce spesso in maniera sostanziale alla risoluzione del solitario. Il ‘Canfield’ – talvolta chiamato anche “il dispettoso” – è uno dei solitari tradizionali più affascinanti, in quanto fortuna e abilità possono determinare, in qualsiasi momento, l’esito del gioco. Di seguito, scopriamo le origini di questo solitario e quali sono le regole che lo caratterizzano.

Storia del gioco

La prima testimonianza del gioco si trova in “Games of Patience for One or More Players”, un libro scritto dall’autrice inglese Mary Whitmore Jones nel 1892 in cui si fa riferimento al Canfield come “Demon Patience” (in inglese, i ‘solitari’ sono chiamati “patience game”). Il nome, tutt’altro che lusinghiero, sembra derivare dalla capacità del gioco di generare un senso di frustrazione in chi si cimentasse a risolverlo; non a caso, Whitmore Jones scrive che “uno spirito piuttosto canzonatorio compare a presiedere il gioco, privando del successo il giocatore spesso all’ultimo momento, nel momento in cui sembra ormai averlo in pugno”. Sulla base di questa prima testimonianza, è possibile ipotizzare che il solitario sia nato (probabilmente) in Europa, nella seconda metà dell’Ottocento. Il nome con cui è universalmente conosciuto oggi, invece, ha un’origine diversa, in quanto deriva dal cognome di un famoso giocatore d’azzardo americano, Richard A. Canfield. Nativo di New Bedford (Massachusetts), nel 1893, dopo alterne vicende personali, riuscì ad acquistare da Charles Reed, un gambler newyorkese, il Club House di Saratoga Springs (New York); alla riapertura, nel 1894, il locale venne ribattezzato “The Casino”, riscuotendo fin da subito un grosso successo, specialmente in termini di profitti. Una parte considerevole degli introiti della salone arrivava da un gioco in cui Canfield invitava i giocatori d’azzardo a ‘comprare’ un mazzo di carte francesi (pare per una cinquantina di dollari); il giocatore avrebbe poi usato il mazzo per un solitario, con la possibilità di guadagnare 5 dollari per ogni carta piazzata su ciascuna delle basi. In tal modo, il giocatore, piazzando tutte e 52 le carte, si sarebbe aggiudicato ben 500 dollari. Nonostante la percentuale di vittorie fosse piuttosto scarsa, il gioco divenne estremamente popolare, facendo sì che Canfield diventasse molto ricco nel giro di pochi anni. Le fonti, purtroppo, non concordano su quale fosse effettivamente il gioco di cui sopra; l’ambiguità nasce dal fatto che lo stesso Canfield pare lo chiamasse ‘Klondike’ (un altro tipo di solitario), benché successivamente il gioco divenne noto in tutto il Nord America come ‘Canfield’. Tale denominazione, a rendere ancor più nebulose le origini del solitario che conosciamo oggi, veniva anche utilizzata in Inghilterra in riferimento ad un altro gioco, inizialmente noto come ‘Klondike’. Ragion per cui, alcuni hanno ipotizzato che Canfield non abbia fatto altro che utilizzare il Klondike, e non il gioco che oggi, negli Stati Uniti, è noto con il suo cognome. Forse per questo, tutt’oggi vi è una certa confusione tra questi due solitari i quali, pur condividendo alcuni meccanismi e lo scopo finale, rappresentano a tutti gli effetti due giochi differenti. Il Klondike è forse più popolare e lo si può anche giocare online, scaricando l’app di Digitalmoka.

Regole del gioco

Vediamo ora quali sono le regole del Canfield. Partiamo anzitutto dal meccanismo di svolgimento del gioco: nella parte alta del tableau si creano, idealmente, quattro ‘basi’; in ciascuna di esse, il giocatore dovrà creare un pozzetto formato da carte dello stesso seme, sovrapponendole in ordine crescente. Il solitario è risolto quando il giocatore riesce a sistemare tutte le carte nei pozzetti delle quattro basi. Per questo solitario è necessario utilizzare un mazzo di carte francesi. Dopo averle mescolate, il giocatore deve creare un pozzetto mettendo da parte tredici carte coperte, formando la ‘riserva’. Successivamente, dispone quattro carte scoperte sul tavolo, così da individuare quattro colonne all’interno del tableau. Poi gira la carta che si trova in cima al pozzetto, collocandola in una base; di conseguenza, anche le altre basi dovranno essere completate a partire da una carta del medesimo valore. Esempio: se la prima carta della riserva è un 7 di picche, la prima carta di ciascuna delle altre basi dovrà essere un 7. Le carte possono essere collocate nelle basi in ordine crescente di valore; pertanto, se una base comincia – come da esempio – con un 7, la carta successiva dovrà essere un 8 dello stesso seme. Se la costruzione della base parte da un Re, la carta successiva collocabile nella base sarà l’Asso dello stesso seme. Le carte del tableau, invece, devono essere mosse e giocate diversamente; si possono aggiungere in ordine decrescente a ciascuna pila, a patto di alternare carte di colore diverso (una rossa, una nera, una rossa e così via). Quando lo spostamento di una o più carte del tableau lascia una pila vuota, questa va ‘riempita’ girando sul tavolo la carta che si trova in cima alla riserva (non si può attingere al tallone); nel momento in cui le pile sono di nuovo tutte occupate, il giocatore può usare le carte del tallone per ‘allungare’ le pile. A tal proposito, deve girare tre carte per volta, e può giocare soltanto l’ultima, ossia quella che si trova in cima; questa può essere messa solo in una delle pile del tableau. Di norma, il giocatore ha facoltà di girare le carte del tallone tutte le volte che vuole (benché pare che lo stesso Canfield avesse introdotto un numero limite di possibilità) ma, se non riesce e toglierne almeno una, vuol dire che il solitario non è riuscito, dal momento che non ha più modo di effettuare alcun tipo di giocata, né sulle pile né sulle basi. Per ‘liberare’ una pila e sbloccare una carta della riserva, è possibile spostare non solo una singola carta ma anche un’intera sequenza, a patto di rispettare la regola dell’alternanza dei colori.

Scopa bugiarda: quali sono le regole

La Scopa è il gioco di carte italiano per antonomasia; viene praticato da Nord a Sud, utilizzando i diversi mazzi regionali da 40 carte (o quelli da 52 opportunamente decurtati). In aggiunta, si può anche giocare a Scopa online grazie ad app come quella di Digitalmoka. Oltre alla versione più classica e ‘tradizionale’, di questo gioco famosissimo esistono numerose varianti, molte delle quali radicate a livello locale. Altre, invece, sono note un po’ in tutta Italia, seppur con nomi diversi: è il caso della “Scopa bugiarda”, conosciuta nel Lazio con il nome dialettale di “scopa a fidasse” (ovvero “scopa a fidarsi”). Di seguito, vediamo quali sono le regole e le principali differenze con la versione convenzionale del gioco della Scopa.

Storia del gioco

La Scopa si è diffusa in Italia nel Settecento, almeno nella sua forma moderna, pur derivando da due giochi di origine spagnola (la “Primiera” e lo “Scarabuscion”) di cui si ha testimonianza nel Regno di Napoli ben tre secoli prima. Circa le varianti della Scopa, inclusa quella ‘bugiarda’, si sa ben poco; spesso si tratta di versioni tramandate di generazione in generazione che non sono mai state codificate per intero né trovano riscontro in testimonianze scritte. Ad ogni modo, non è difficile ipotizzare come le diverse varianti (locali e non) siano comparse dopo che il gioco si era diffuso e radicato nella tradizione popolare italiana; poiché la Scopa bugiarda prevede la possibilità di bluffare – come vedremo meglio in seguito – è possibile che giochi in cui questa prerogativa è più spiccata, come ad esempio il Poker, abbiano avuto una qualche influenza sulla comparsa di questa particolare variante della Scopa.

Scopa bugiarda: scopo del gioco

Come nella Scopa tradizionale, anche nella versione ‘bugiarda’ lo scopo è quello di totalizzare più punti rispetto agli avversari così da aggiudicarsi la partita. Non esiste una soglia di punti oltre la quale un giocatore (o una squadra) conquista automaticamente la vittoria ma è possibile decidere in maniera arbitraria, prima di cominciare a giocare, qual è il punteggio da raggiungere per vincere la partita. I punti possono essere sia di presa che di mazzo; nel primo caso, nel computo complessivo entra in gioco il meccanismo della giocata ‘bugiarda’ (che verrà spiegato di seguito), in base al quale un giocatore può guadagnare o perdere punti.

Punteggio scopa bugiarda

Nella Scopa bugiarda i punti vengono assegnati ai singoli giocatori (o alle squadre) nello stesso modo della Scopa tradizionale; pertanto, sono previsti:
  • Le “Carte” (o “lunghi” o “lunga”): si assegna un punto a chi ha raccolto più carte, 21 se si gioca in due o in quattro, 14 se si gioca in tre;
  • Il “Settebello” (o “Piricchio”) assegna un punto a chi prende il 7 del seme di denari (o di quadri, se si gioca con un mazzo a semi francesi);
  • La “Primiera” (o “Settanta”) vale un punto e viene assegnata al giocatore, o alla squadra, che totalizza il punteggio più alto con quattro carte di seme diverso in base ad un particolare sistema di conteggio per cui il 7 vale 21 punti, il 6 vale 18 punti, l’Asso vale 16 punti, il 5 vale 15 punti e così via;
  • La “Scopa”, vale un punto e viene assegnato al giocatore che prende tutte le carte scoperte presenti sul tavolo con una delle carte che ha in mano (il cui valore è pari alla somma delle carte prese).
In questa versione, però, esistono anche i punti della ‘scopa bugiarda’ poiché un giocatore può calare una carta senza farla vedere agli altri giocatori e fare scopa; prima di prendere le carte, però, deve chiedere all’altro giocatore o ai membri della squadra avversaria se ‘si fidano’ della sua presa; se la risposta è “sì”, il giocatore prende le carte e mette a segno un punto. In caso contrario, invece, il giocatore deve mostrare agli altri la carta con cui intendeva ‘fare scopa’; a questo punto, ci sono due possibilità:
  • La carta coincide effettivamente con la somma delle carte presenti sul tavolo (il giocatore, ad esempio, ha giocato un 6 per prendere un 4 e un 2). In questo frangente, il giocatore segna non solo il punto di scopa ma tanti punti aggiuntivi quante sono le carte totali della presa. Se, ad esempio, la scopa è con un Re che raccoglie un 5, un 4 e un Asso, i punti extra sono quattro;
  • La carta non è quella necessaria per realizzare una scopa, che pertanto si dice ‘bugiarda’. In tal caso, il giocatore non totalizza alcun punto e l’avversario che ha ‘dubitato’ della sua giocata guadagna punti aggiuntivi, secondo il meccanismo illustrato in precedenza.

Le regole del gioco

In linea generale, le regole della Scopa bugiarda sono molto semplici. Si può giocare in due, in tre o in quattro, utilizzando un mazzo regionale italiano da 40 carte. Scelto il mazziere, questi distribuisce ad ogni giocatore tre carte coperte, e ne mette poi sul tavolo quattro scoperte. Ogni giocatore, a turno, gioca una sola carta; la presa può essere effettuata con due carte dello stesso valore numerale oppure giocando una carta il cui valore equivale alla somma di due o più carte sul tavolo. Nella Scopa bugiarda, come detto, il punto può essere messo a segno anche giocando una carta coperta ma chiedendo agli altri se si fidano della presa o preferiscono vedere la carta scoperta. Il punto, poi, viene assegnato o meno, come spiegato in precedenza. Una ‘mano’ termina quando ciascun giocatore ha giocato le tre carte ricevute; a questo punto, il mazziere ne distribuisce altre tre ad ognuno fin quando tutte le carte del mazzo sono finite. La Scopa bugiarda, a differenza di quella tradizionale, richiede anche una discreta capacità di bluffare, in quanto la giocata a carta coperta per mettere a segno una scopa ‘bugiarda’ può rivelarsi un’arma a doppio taglio e guadagnare punti al proprio avversario.

Marianna gioco di carte: regole di questa variante

Estremamente diffusa e popolare in tutta Italia, la Briscola (così come la Scopa) presenta numerose varianti che si discostano in maniera più o meno significativa dalla versione tradizionale, giocabile anche online tramite l’app di Digitalmoka. Alcune di queste prevedono un meccanismo ‘a chiamata’ (che può essere alla carta o al punto) mentre altre includono le ‘accuse’ (o gli ‘accusi’), che influiscono sul calcolo del punteggio finale. Una delle versioni più comuni della Briscola con le accuse è la Marianna, detta anche Mariaje, ossia ‘matrimonio’ in spagnolo. Nel napoletano viene spesso chiamata ‘Mariaccia’, benché non vada confusa con la ‘Mariaggia’, un’altra variante della Briscola, che però si gioca a carte scoperte.

Marianna: storia del gioco

La storia della Marianna, e di altre varianti del gioco, si ricollega direttamente a quella della Briscola e della sua diffusione in Europa. Non si sa con esattezza come e quando sia nata ma, molto probabilmente l’antesignano della Briscola veniva giocato già nel Cinquecento dai marinai olandesi; il gioco si sarebbe poi diffuso dai Paesi Bassi in Scandinavia e nell’Europa Centrale. La Briscola moderna, infatti, deriva probabilmente da un gioco già diffuso in Francia nel 18° secolo e chiamato Briscan mentre le prime attestazioni della Briscola in Italia risalgono all’Ottocento. Detto ciò, è difficile individuare in quale momento della diffusione del gioco siano comparse le (tante) varianti che ancora oggi si giocano in Italia ma che, purtroppo, spesso non sono codificate in maniera precisa. Per quanto riguarda la Marianna, il gioco probabilmente ha qualche legame con il Mariagenspiel (letteralmente, “gioco del matrimonio” in tedesco), un gioco già noto in Europa Centrale nel Settecento in cui ogni giocatore aveva sei carte coperte e riceveva dei punti bonus per il ‘matrimonio’ di un Re e di una Regina dello stesso seme. La prima attestazione vera e propria del gioco è a Lipsia ed è datata 1715; da allora, il Mariagenspiel si è diffuso in tutta Europa, dando vita a diverse varianti. Secondo alcune fonti, era particolarmente popolare presso le donne dell’alta aristocrazia e pare fosse giocato in Polonia già a metà del Seicento. A testimonianza del filo diretto che collega il gioco a molte versioni della Briscola con gli accusi c’è il sistema di assegnazione dei punti per le accuse: 40 punti per l’accoppiata Re e Regina del seme dominante e 20 punti per gli altri ‘matrimoni’.

Le regole della Marianna

La Marianna come gioco di carte presenta regole molto simili a quelle della Briscola tradizionale. Si può giocare in due, in tre o in quattro (a squadre, due contro due), utilizzando un mazzo regionale da 40 carte. Il punteggio da raggiungere per vincere la partita è, di solito, 500 tant’è che localmente questa variante del gioco è nota anche come ‘Cinquecento’. Anche la gerarchia delle carte è identica a quella della Briscola classica: l’Asso vale 11 punti, il 3 vale 10 punti, il Re vale 4 punti, il Cavaliere vale 3 punti e il Fante (o Donna) vale 2 punti. Tutte le altre carte non hanno valore e ai fini della presa si fa riferimento a quello numerale. Detto questo, vediamo come si svolge il gioco. Dopo aver mescolate le carte, il mazziere ne distribuisce cinque coperte agli altri giocatori (anche se alcune varianti locali prevedono di giocare comunque con tre carte). A questo punto, la prosecuzione del gioco si diversifica leggermente; in alcune versioni della Marianna non viene fissato il seme di briscola, in altre invece si procede come da tradizione: il mazziere pone una carta scoperta sulla quale viene poggiato il tallone da cui i giocatori prendono una carta coperta dopo aver effettuato la propria giocata. Di conseguenza, cambia il meccanismo di presa: nel primo caso, si fa riferimento soltanto al valore gerarchico delle carte mentre nel secondo le scartine di briscola danno la possibilità di effettuare la presa su carte di alto valore di un altro seme. Per quanto riguarda le accuse, non ci sono regole precise; il meccanismo di fondo è semplice: il giocatore che si ritrova in mano una coppia di re e cavallo, ‘dichiara’ l’accusa mostrando le carte agli altri giocatori e mette a segno dei punti bonus. Circa il valore dell’accusa, le regole della Marianna possono variare:
  • In alcune versioni di Briscola, la ‘marianna’ serve soltanto a fissare il seme di briscola per la prosecuzione della partita e non guadagna punti extra al giocatore;
  • Il valore della ‘marianna’ può variare in base al seme; alcune varianti del gioco assegnano 40 punti all’accoppiata di Re e Cavaliere del seme di briscola e 20 punti per le altre accuse;
  • Altre versioni della Marianna assegnano 40 punti alla prima accusa, 60 alla seconda, 80 alla terza e 100 alla quarta, a prescindere dal seme delle carte.
Esistono, poi, ulteriori variabili nello svolgimento del gioco della Marianna; esistono varianti in cui un giocatore non può dichiarare più di una ‘marianna’ per turno oppure non può chiamare l’accusa se ha meno di cinque carte in mano. Infine, altre prevedono la possibilità di assegnare 250 punti per un ‘Mariannino’ (Re o Donna e quattro Cavalieri) e 500 punti per il ‘Mariannone’ (Cavallo o Donna e quattro Re). Com’è facile intuire, le diverse regole modificano anche la strategia di gioco. Laddove le accuse non consentano di guadagnare punti extra, ci sarà una minore propensione da parte del giocatore a trattenere in mano le carte di Re e Cavallo; di contro, se queste possono contribuire ad aumentare il proprio punteggio, il giocatore tenderà a non giocarle finché non sarà più possibile realizzare l’accoppiata.

Solitario di Napoleone: cos’è e come si gioca

Gli appassionati di giochi di carte non disdegnano la possibilità di cimentarsi anche nei solitari, per mettere alla prova le proprie capacità e sfidare la fortuna. Semplici o complessi, strategici o aleatori, esistono tantissimi tipi di solitario, da fare con le carte regionali o utilizzando il classico mazzo francese; in alternativa, è anche possibile giocare online, grazie all’app di Digitalmoka. Diversi tra loro per regole, meccanismo e incidenza della componente casuale, i solitari hanno spesso origini ignote, e vengono tramandati di generazione in generazione talvolta senza neanche un nome preciso; altri, invece, sono legati a personaggi e vicende storiche; è il caso, ad esempio, del “solitario di Napoleone”: dai diari di William Warder, un chirurgo britannico in servizio presso la Royal Navy a inizio dell’Ottocento, si sa che Napoleone Bonaparte dedicasse molto del suo tempo a risolvere solitari a carte durante la deportazione a Sant’Elena ma, da fine stratega quale era, è probabile che fosse dedito a questo tipo di passatempo anche prima.

Solitario di Napoleone, cos’è

Il “solitario di Napoleone” è un solitario che si gioca solitamente con le carte francesi (ma è possibile utilizzare anche un mazzo italiano da 40 carte); deve il suo nome al fatto che, secondo alcuni, sarebbe stato ideato dal celebre generale francese. In effetti, rispetto ad altri solitari, risulta piuttosto impegnativo, in quanto occorre una certa dose di strategia, anche se l’ordine di uscita delle carte è comunque un elemento spesso decisivo. Il Solitario di Napoleone unisce alcuni elementi caratteristici di un altro celebre solitario, il “Klondike”, con un meccanismo assimilabile a quello di un altro gioco, lo “scarta i Re”.

Scopo del gioco

Pur essendo caratterizzato da una difficoltà media, il Solitario di Napoleone ha uno scopo piuttosto semplice: creare quattro talloni, ciascuno dei quali formato da tutte le carte di un singolo seme. Le carte vanno impilate sugli assi posti al centro dello schema sul tavolo (come vedremo meglio dopo); di conseguenza, il tallone va formato rispettando il valore progressivo delle carte; in altre parole, ogni ‘mazzetto’ sarà formato dalle carte che, in ordine, vanno dall’Asso al Re.

Come si gioca?

Per giocare al Solitario di Napoleone serve un mazzo di carte francesi dal quale sono stati rimossi i jolly. Dopo aver mescolato le carte, il giocatore le sistema scoperte sul tavolo, creando cinque file simmetriche. Al centro delle prime quattro file vanno collocati i quattro assi del mazzo, ponendo cinque carte a sinistra e altrettante a destra. L’ultima fila conta, invece, solo 8 carte; poiché non c’è un quinto asso a dividere a metà la fila, se ne collocano quattro a sinistra e a destra. In tal modo, si avranno quattro file da 11 carte e una fila da 8. Completata la disposizione delle carte, è possibile cominciare a giocare. Nel Solitario di Napoleone è possibile spostare solo le carte che occupano la posizione più esterna di ciascuna fila. Gli spostamenti consentiti inizialmente sono:
  • Spostare un 2 su un Asso dello stesso seme;
  • Collocare una carta a fianco di una più alta, così da creare una scala crescente;
  • Collocare una carta a fianco di una più bassa, in modo da creare una scala decrescente.
Queste giocate servono a ‘liberare’ i due, indispensabili per cominciare a creare i talloni sugli Assi al centro. In realtà, per facilitare gli spostamenti, è consigliabile cercare di ‘svuotare’ prima almeno un lato dell’ultima fila (quella con meno carte); il gioco, infatti, consente di utilizzare le file vuote per ‘girare’ una singola carta o un’intera sequenza (sempre una carta per volta). Questo meccanismo è particolarmente utile nel caso in cui si sia creata una sequenza crescente; capovolgendola in una fila vuota, quindi, è possibile sbloccare le carte di valore più basso e, eventualmente, spostarle direttamente in uno dei talloni centrali creati sugli Assi. Il modo migliore per risolvere questo solitario, infatti, è cercare di creare delle sequenze decrescenti, in maniera tale che la carta dal valore più basso occupi la posizione più esterna della fila. A tale scopo, è possibile anche agganciare una sequenza ad un’altra, a patto che le due carte più esterne siano consecutive. Esempio: su una fila si trova una sequenza decrescente che termina con il Jack mentre all’esterno di un’altra c’è una Regina dello stesso seme. Il giocatore potrà quindi creare una nuova sequenza, spostando le carte della prima sequenza una per una, a partire dal Jack, e collocandole a fianco della Regina. Va da sé che i Re, essendo la carta di valore più alto, possono essere collocati solo al fianco di una Regina; questo spostamento, però, ‘chiude’ la sequenza, e blocca tutte le carte presenti nella fila. Per ‘girare’ una sequenza di questo tipo, è necessario avere a disposizione una mezza fila vuota. Il solitario è risolto quando tutte le carte sono state collocate sopra il tallone del proprio seme. Il Solitario di Napoleone può essere svolto anche utilizzando un mazzo da 40 carte; la disposizione non cambia, ma l’ultima fila risulterà asimmetrica, con cinque carte a sinistra dell’Asso e solo una a destra. Per il resto, le regole e i meccanismi di spostamento delle carte sono identici, così come lo scopo del gioco.

Briscola rotonda dei cavalieri: cosa sapere

La Briscola è tra i giochi di carte italiani più diffusi, tanto nella sua versione più tradizionale quanto nelle numerose varianti che si giocano a livello locale o regionale. Molte di queste sono “a chiamata” e contano cinque o più giocatori, come la cosiddetta “Briscola rotonda dei cavalieri”: di seguito, vediamo di cosa si tratta e come si gioca.

Briscola rotonda dei cavalieri, cos’è

La “Briscola rotonda dei cavalieri” è una variante del gioco della Briscola; nello specifico, rientra nel novero delle versioni “a chiamata”, ovvero quelle che si giocano in cinque e non prevedono la formazione di squadre prima dell’inizio di una partita. Questo meccanismo prevede che il primo giocatore di turno faccia una ‘dichiarazione’, ossia ‘chiama’ una carta di rinforzo, specificando solo il valore. Con la ‘chiamata’, il giocatore si impegna a totalizzare almeno 61 punti giocando in squadra con il giocatore che ha in mano la carta chiamata; in aggiunta, ha il vantaggio di determinare il seme di briscola per quella mano. La facoltà di effettuare la chiamata spetta ad ogni giocatore. Il primo ad iniziare è quello che siede alla destra del mazziere; questi può fare la propria dichiarazione oppure passare; in tal caso, rinuncia alle eventuali chiamate successive. Gli altri giocatori possono, a loro volta, fare una ‘dichiarazione’ oppure passare la mano, rinunciando al diritto di ‘chiamata’; il meccanismo prevede che ogni carta chiamata abbia un valore inferiore rispetto a quella precedente. Naturalmente, è necessario tenere presente la gerarchia valida nel gioco della Briscola. Il ‘giro’ delle chiamate prosegue tra tutti i giocatori che non hanno passato, fin quando non ne resta soltanto uno; a quel punto, è possibile iniziare la partita. Le regole di presa e di calcolo del punteggio sono le stesse della Briscola tradizionale. Nella Briscola rotonda dei cavalieri non si chiama la carta ma il punteggio; ciò vuol dire che il giocatore di turno non dichiara la carta di rinforzo, ma quanti punti si impegna a raggiungere. Generalmente, la prima chiamata è a 70 punti. Quando un giocatore riesce ad aggiudicarsi il punteggio, guadagna la facoltà di chiamare anche la carta e il seme. Tale meccanismo ha pro e contro; da un lato, il punteggio da totalizzare per vincere la partita può essere anche molto alto (anche superiore a 80), con vincite o penalità raddoppiate o triplicate, in base all’ultimo punteggio chiamato. Al contempo, il giocatore che si aggiudica il punteggio ha la possibilità di dichiarare anche una carta di grande valore, come l’Asso o il 3. Altra caratteristica peculiare della Briscola rotonda dei Cavalieri è che i ‘cavalieri’ sono nove; al tavolo, in genere, siedono più di cinque ‘cavalieri’ ma a giocare sono massimo in cinque. Questa variante prevede che, a turno, il mazziere e i giocatori seduti alla sua sinistra non prendano parte al gioco; in aggiunta, non è inclusa la possibilità di giocare con il ‘morto’, ossia un giocatore immaginario con le carte coperte.

Punteggio briscola-online

Il punteggio della Briscola Rotonda viene calcolato con le stesse modalità delle versioni classiche del gioco, escluse quelle con gli ‘accusi’, la Marianna e la Mariaggia. Pertanto, a fine partita, si sommano i punti ottenuti dal ‘dichiarante’ e dal suo partner, verificando se il punteggio ‘chiamato’ è stato raggiunto oppure no. La somma dei punti viene effettuata in base al valore assegnato alle carte nella Briscola:
  • 11 punti per l’Asso;
  • 10 punti per il 3;
  • 4 punti per il Re;
  • 3 punti per il Cavaliere;
  • 2 punti per la Donna (o Fante, a seconda del mazzo regionale utilizzato);
  • 0 punti per tutte le altre carte.
Questa scala di valori è la stessa utilizzata per il computo del punteggio anche quando si gioca a Briscola online; grazie ad app come quelle di Digitalmoka, INFATTI, è possibile fare pratica anche online, così da aumentare la propria familiarità con le regole del gioco. Se una squadra ha eguagliato o superato il punteggio ‘chiamato’, si aggiudica la vincita (i punti assegnati per mano al ‘dichiarante’ e agli ‘sfidanti’ variano generalmente in base ai punti ‘chiamati’ a inizio partita. Più la soglia è alta, più i premi e le penalità sono elevate.

Consigli utili

Poiché prevede un meccanismo di ‘chiamata’ particolare, la Briscola rotonda dei Cavalieri richiede un certo grado di strategia. Tenendo presente che il ‘dichiarante’ si trova a sfidare gli altri giocatori in inferiorità numerica, raggiungere un punteggio molto alto (superiore a 80, ad esempio) può risultare estremamente difficile. Pertanto, è bene cercare di non forzare troppo la ‘chiamata’ iniziale. Al contempo, il giocatore che riesce ad aggiudicarsi il punteggio, deve scegliere con oculatezza la carta e il seme da dichiarare, non optando automaticamente per una carta di valore; meglio, invece, sceglierne una funzionale al proprio gioco e, soprattutto, un seme di briscola favorevole.

Rubamazzetto: regole e come giocare

Tra i tanti giochi di carte noti e praticati in tutta Italia, la Scopa è sicuramente quello più diffuso in assoluto, tant’è che è possibile anche giocare online tramite, ad esempio, l’app di Digitalmoka. La Scopa si gioca da Nord a Sud, durante le feste e in altre occasioni conviviali, utilizzando i vari mazzi di carte regionali e conta numerose varianti, non solo a livello locale. Una di queste è il Rubamazzetto (spesso chiamata anche Rubamazzo); ha regole molto semplici, che possono essere facilmente insegnate anche i bambini.

Rubamazzetto, cos’è

Il Rubamazzetto è una variante del gioco della Scopa; si tratta, in sostanza, di una versione semplificata di quest’ultima, in particolare per quanto riguarda i meccanismi di presa. Il nome deriva dalla possibilità che ogni giocatore, in determinate condizioni, può rubare il mazzo con tutte le carte prese dal proprio avversario. In tal modo, può aumentare il numero delle carte nel proprio mazzetto, avendo maggiori possibilità di vincere la partita. Il gioco è molto semplice ma ha una forte componente competitiva, dal momento che il gesto di ‘rubare’ il mazzetto permette ad un giocatore di impossessarsi di tutte le carte accumulate dall’avversario.

Regole rubamazzetto

Le regole di Rubamazzetto sono piuttosto semplici. Si può giocare in due o in quattro, sia in versione ‘tutti contro tutti’ sia a squadre (due contro due). Essendo tipicamente italiano, si gioca prevalentemente con le carte napoletane (o con un altro mazzo regionale da 40 carte) ma vi è anche la possibilità di utilizzare un mazzo francese da 54 carte, togliendo i jolly prima di cominciare la partita. Prima di iniziare a giocare, è necessario scegliere il mazziere. Di solito viene sorteggiato o scelto a caso; non vi sono regole precise per individuare il giocatore a cui affidare per primo questo ruolo. Si può ricorrere al metodo della carta più alta, o più bassa, per individuare il mazziere o il primo giocatore di mano. Mescolate le carte, il mazziere le fa tagliare al giocatore avversario o, se si gioca in quattro, a quello che siede alla sua sinistra. Dopodiché, inizia a distribuire le carte in senso antiorario; ogni giocatore riceve tre carte coperte mentre sul tavolo vengono poste quattro carte scoperte. A questo punto, il gioco può iniziare, svolgendosi nello stesso senso in cui sono state distribuite le carte. In linea di massima, una ‘mano’ di Rubamazzetto non è molto diversa da una di Scopa; la principale differenza tra i due giochi è rappresentata dal meccanismo di presa. A tal proposito, va tenuto conto che le carte hanno lo stesso valore (ossia quello numerale); le figure di Fante (Donna), Cavaliere e Re valgono, rispettivamente, 8, 9 e 10. A Rubamazzo, a dispetto di quanto accade nella Scopa, è possibile prendere solo le carte dello stesso valore; in altre parole, un giocatore non può prendere due carte con una la cui somma è pari a quella che delle due sul tavolo (esempio: non si può prendere un 6 e un 4 giocando un Re). Una volta effettuata la presa, il giocatore sistema le carte a fianco la propria postazione, lasciando scoperta una delle due. Vediamo ora come effettuare il ‘furto’ del mazzetto di un giocatore avversario. A tal proposito, le regole del Rubamazzetto divergono leggermente, dando vita a due varianti del gioco. La prima, diffusa principalmente nelle regioni meridionali, consente di ‘rubare’ il mazzo di carte dell’avversario in due modi:
  • Mediante una presa diretta, ossia con una carta dello stesso valore numerale di quella scoperta posta in cima al mazzetto;
  • Facendo un’addizione tra una carta sul tavolo e quella in cima al mazzetto; se, ad esempio, a terra c’è un due e sopra un mazzetto c’è un quattro, si può effettuare il ‘furto’ giocando un sei.
Alla variante di Rubamazzo giocata soprattutto nelle regioni del Centro e del Nord si applicano tendenzialmente le stesse regole di presa della Scopa ossia è possibile prendere anche due o più carte con una che sia pari alla loro somma. Di contro, è possibile prendere il mazzetto di un giocatore avversario solo tramite presa diretta, ossia con una carta di uguale valore numerale. L’obiettivo del gioco è prendere e raccogliere il maggior numero di carte possibili. Alla fine della partita, infatti, vince il giocatore (o la squadra) che ha più carte nel proprio mazzetto. Pur essendo una variante della Scopa, quindi, Rubamazzetto non prevede punti di mazzo (come la primiera) o punti di presa (scopa).

Consigli per il rubamazzetto

Benché possa sembrare un gioco dominato dalla componente aleatoria, il Rubamazzetto richiede anche un minimo di strategia. È importante, ad esempio, cercare di ricordare quali carte siano state già giocate, così da valutare quante possibilità ci sono che un giocatore avversario possa effettivamente rubare il mazzetto. Questo stratagemma può risultare prezioso soprattutto se si gioca la variante che consente di rubare un mazzo avversario tramite la somma con una delle carte sul tavolo; in tal caso, infatti, le possibilità di ‘furto’ aumentano perché sono maggiori le combinazioni possibili. Infine, è consigliabile non avere troppa fretta nel costruire il proprio mazzetto; avendo un po’ di pazienza, è più facile ottenere un risultato favorevole.

Come si gioca a burraco? Ecco le regole

Pur avendo origini piuttosto recenti, il Burraco è diventato uno dei giochi di carte più popolari in assoluto. Nato probabilmente in Uruguay e Argentina negli anni Quaranta del Novecento, rappresenta una variante della Canasta che rientra nella famiglia della Pinnacola; è molto diffuso nel mondo arabo, in particolare nei paesi del Golfo Persico. Tra le principali varianti ci sono quella Brasiliana e quella Italiana. Il Burraco – il cui nome ha probabilmente origine portoghese – si gioca solitamente in quattro oppure online: a breve, infatti, il gioco sarà disponibile anche sull’app di Digitalmoka.

Carte Burraco: quanto valgono

Prima di vedere, in dettaglio, come si svolge una partita di Burraco, vediamo qual è il valore delle carte ai fini del calcolo del punteggio. Questo gioco prevede l’utilizzo di due mazzi di carte francesi da 52, inclusi i jolly. La gerarchia è quindi la seguente:
  • Le carte dal 3 al 7 valgono cinque punti;
  • Le carte dall’8 al Re valgono dieci punti;
  • L’asso vale 15 punti;
  • I 2 (detti anche “pinelle”) valgono 20 punti;
  • Il jolly vale 30 punti.

Come si gioca a burraco: distribuzione delle carte

Vediamo ora come giocare a Burraco, a partire dalla distribuzione delle carte. Di solito, per una partita servono quattro giocatori (due contro due), con i membri di ciascuna squadra che siedono l’uno di fronte all’altro. Esistono però regole specifiche che consentono di giocare anche in due, tre o cinque. Una partita può comporsi di una o più ‘smazzate’, ossia una fase di gioco che inizia con la distribuzione delle carte e finisce con il conteggio dei punti ottenuti dalle due squadre. La prima cosa da fare è scegliere il mazziere. Lo si può sorteggiare oppure individuarlo con il seguente procedimento:
  • I quattro giocatori pescano una carta dal mazzo;
  • Quello che ha la carta di valore numerale più alto, in base alla gerarchia del Burraco, sarà il giocatore ‘servito’, ossia il primo a giocare;
  • Il giocatore dell’altra coppia che ha pescato la carta più bassa si siederà alla destra del giocatore ‘servito’ e sarà il mazziere.
A questo punto, è possibile procedere con la distribuzione delle carte; i passaggi previsti dalle regole del gioco del Burraco sono:
  • Il mazziere mescola il mazzo;
  • Il giocatore alla destra del mazziere taglia il mazzo e tiene per sé la metà che ha sollevato dal tallone;
  • A partire dal fondo del mazzetto, il giocatore forma due pozzetti da undici carte ciascuno, alternando le carte;
  • Il pozzetto terminato per ultimo viene impilato trasversalmente sul primo;
  • I due pozzetti vengono posti a lato del tavolo, mentre le carte restanti sono sistemate al centro;
  • Il mazziere distribuisce a ciascun giocatore 11 carte coperte, prendendole dalla metà del mazzo rimasta in suo possesso;
  • Mette sul tavolo una carta scoperta, per segnalare il monte degli scarti;
  • Dispone le carte rimaste sul tallone centrale.

Come si svolge la partita a Burraco

Completata la fase di distribuzione, la partita a Burraco può cominciare. Il primo a giocare è il giocatore ‘servito’; questi ha a disposizione tre opzioni:
  • Pescare una carta dal tallone o prendere quelle dagli scarti;
  • Scartare una carta, terminando il proprio turno;
  • Aprire un nuovo ‘gioco’ (successivamente, è possibile anche aggiungere delle carte a giochi già presenti sul tavolo), ossia mettere sul tavolo nuove ‘combinazioni’ o ‘sequenze’, di fronte a sé o al proprio compagno di squadra.
Pescare e scartare sono azioni obbligatorie per ogni giocatore durante il proprio turno. Le carte degli scarti vanno prese tutte; se ne può lasciare una, che sarà lo scarto di fine turno. Per quanto riguarda i ‘giochi’ che ogni giocatore può aprire quando è di turno, nel Burraco è possibile creare:
  • Combinazioni: minimo tre carte di valore uguale (anche dello stesso seme) e massimo nove; non si possono aprire due combinazioni di uguale valore. In ogni combinazione è possibile inserire un jolly o una pinella;
  • Sequenze: almeno tre carte (e massimo 14) in ordine progressivo (in base al valore numerale) dello stesso seme; esempio: 10, 9 e 8 di quadri formano una sequenza valida. Si possono aggiungere nuove sequenze identiche a quelle già presenti sul tavolo. Si possono usare i jolly per chiudere una sequenza o allungarla con una carta più alta, a patto che siano ‘liberi’, ossia all’inizio o alla fine della sequenza; in caso contrario, possono essere sostituiti dalla carta che rimpiazzano; dopodiché, tornano in fondo alla sequenza;
  • Burraco: sequenza di almeno 7 carte; si definisce ‘pulito’ o ‘puro’ se non contiene jolly o pinelle (può includere un 2 utilizzato con valore numerale). Vale 200 punti e si ‘segna’ mettendo in orizzontale le ultime 2 carte. Il Burraco ‘semipulito’ è una combinazione di 8 carte, di cui almeno una matta; vale 150 punti e si indica ruotando in orizzontale la penultima carta. Il Burraco è ‘sporco’ o ‘impuro’ se è costituito da una sequenza di 7 carte che include una matta; si segnala mettendo in orizzontale l’ultima carta.
Quando un giocatore ha terminato le 11 carte ricevute all’inizio, può prendere uno dei due pozzetti; la presa di un pozzetto è ‘al volo’ o ‘in diretta’ se effettuata senza aver mai scartato una carta. In alternativa, il giocatore può scartare una carta e calare le altre dieci; la presa ‘al volo’ consente al giocatore di proseguire il proprio turno. Se la presa è ‘con scarto’, il giocatore potrà giocare a partire dal turno successivo. Una partita di Burraco termina quando una coppia ha preso il pozzetto, ha realizzato almeno un ‘Burraco’ e uno dei due giocatori ha esaurito le carte a sua disposizione, scartando l’ultima carta (a patto che non sia un jolly oppure un 2). Se nessuna coppia riesce a chiudere la partita, questa termina automaticamente quando restano soltanto due carte da pescare. A quel punto, si effettua il calcolo del punteggio sommando:
  • 100 punti per la chiusura della partita;
  • I punti di ogni eventuale Burraco realizzato;
  • Il valore delle carte giocate, in base al valore indicato in precedenza.
Si sottrae il valore delle carte rimaste in mano (o nel pozzetto non giocato) e si tolgono ulteriori 100 punti se la coppia non è riuscita a prendere un pozzetto. La partita prosegue poi con un’altra smazzata: vince la coppia che totalizza per prima 2005 punti.

Quali sono i giochi di carte più divertenti da fare alle feste

Le feste offrono spesso occasione di fare giochi divertenti con le carte, che coinvolgono un numero di giocatori più alto rispetto a quelli impegnati in una partita di Scopa o Briscola, in quali si possono giocare anche online grazie all’app di Digitalmoka. Si tratta quasi sempre di giochi che richiedono poca strategia, hanno un meccanismo molto semplice e si possono giocare in tanti, risultando divertenti e coinvolgenti. Di seguito, vediamo quali sono quelli più adatti a feste e altre occasioni simili.

Sette e mezzo

È uno dei giochi di carte di gruppo più praticati durante le feste natalizie, perché permette di coinvolgere tanti giocatori (anche più di 8) e ogni ‘mano’ si svolge in maniera molto rapida. La componente aleatoria è piuttosto importante, in quanto le possibilità di vincita dipendono soprattutto dalla combinazione delle carte a disposizione del mazziere e del giocatore di turno. Giocare a Sette e mezzo è molto semplice; l’obiettivo è battere il banco, totalizzando un punteggio più alto (inferiore o pari a 7,5). Si gioca con un mazzo da 40 carte; le figure (Re, Fante e Donna) valgono mezzo punto mentre le altre hanno valore corrispondente al numerale. La sola eccezione è rappresentata dal Re di denari (la “matta”), che può assumere qualsiasi valore deciso da chi la gioca. Una mano di Sette e mezzo si apre con tutti i giocatori che mettono nel ‘piatto’ una quota concordata precedentemente. Dopodiché, il mazziere mescola le carte, ne consegna una coperta al giocatore di turno e ne mette un’altra sul tavolo, sempre coperta, per sé. A questo punto, il giocatore guarda la carta (senza mostrarla agli altri) e valuta se chiederne un’altra al mazziere; una volta decisa la giocata, dichiara la posta che intende giocare per il proprio turno. In caso di ‘chiamata’, il mazziere consegna al giocatore una carta scoperta. Se la somma delle due carte è inferiore a 7,5, il giocatore può chiedere un’altra carta oppure ‘passare’; nel caso, in cui, invece, il punteggio raggiunto sia pari o superiore a 7,5, il giocatore deve dichiararlo e girare la carta coperta. Se il giocatore ‘passa’, il mazziere gira la propria carta e valuta se girarne un’altra (per aumentare il proprio punteggio); alla fine, si confrontano i punteggi totalizzati: in caso di parità, il banco vince e il giocatore mette nel piatto la posta dichiarata.

Asso che fugge (Saltacavallo)

Tra i giochi di carte veloci, l’Asso che fugge – noto anche come Cucù o Saltacavallo – è certamente uno dei più noti. È un gioco a eliminazione piuttosto semplice, che si svolge in maniera molto rapida, benché esistano numerose varianti regionali con regole variegate. In genere, per l’Asso che fugge si utilizza un mazzo da 40 carte ma, se i partecipanti sono tanti, è possibile utilizzarne uno da 52 (o aggiungere quante carte servono). Il principio di base del gioco è il seguente: si sceglie un mazziere che distribuisce a tutti gli altri giocatori, in senso antiorario, una carta coperta. In molte varianti dell’Asso che fugge, non è possibile vedere la propria carta fin quanto il mazziere non effettua un segnale concordato (tipo battere sul tavolo). Quando tutti hanno ricevuto una carta, la guardano e decidono se scambiarla o meno al giocatore alla propria destra; nel primo caso, non è possibile rifiutare la carta ricevuta ma la si può scambiare nuovamente con il giocatore alla propria destra. Chi ha in mano un re o un cavallo deve girare subito la carta perché il giocatore alla sua sinistra non può scambiare; al re si ferma il giro mentre se c’è il cavallo si ‘salta’ a quello successivo (da cui, uno dei nomi del gioco). Alla fine, tutti i giocatori scoprono le carte e chi ha quella con il valore più basso perde.

Zecchinetta

Chiamato anche “Lanzichenecco”, il gioco prevede un minimo di due e un massimo di 8 giocatori. È un gioco di origine antica che, nella sua versione moderna, si gioca con un mazzo da 40 carte. In primo luogo, si sceglie il mazziere. Questi fissa il limite minimo e massimo per le puntate degli altri giocatori, per poi mettere sul piatto la propria quota (la ‘posta’). Poi mischia le carte e ne mette due, scoperte, sul tavolo: una per sé, una per il giocatore di turno. Dopo la puntata del mazziere, infatti, ogni contendente può accettare in pieno la scommessa (escludendo tutti gli altri), e puntare la stessa somma, o accettarla solo in parte; in tal caso, subentrano uno o più giocatori a ‘coprire’ la somma mancante fin quando questa non viene raggiunta. Conclusa la fase iniziale, il gioco può avere inizio. Il mazziere, che funge anche da banchiere, mette sul tavolo due carte scoperte, una per sé e una per gli altri giocatori. Questi possono quindi decidere se e quanto puntare rispetto alla somma scommessa dal banchiere, procedendo in senso orario o meno (a seconda delle consuetudini locali) fin quando tutti i giocatori non hanno puntato oppure non si è raggiunta indicata dal banchiere. A questo punto, il mazziere mette sul tavolo un’altra carta scoperta. Se ha lo stesso valore numerale della sua carta, ogni giocatore vince una somma pari alla puntata; di contro, se la carta scoperta ha lo stesso valore di quella su cui i giocatori hanno puntato, il mazziere raccoglie tutte le scommesse. Se, infine, la carta è diversa da qualsiasi carta sul tavolo, viene messa da parte e il gioco ricomincia, con la possibilità da parte dei giocatori di effettuare nuove puntate. Finito il giro, il banchiere passa il mazzo ad un altro giocatore.

Solitario piramide, cos’è e come gioca a Pyramid

I solitari sono giochi di carte, generalmente non molto complessi, da fare da soli. Richiedono anzitutto una buona dose di fortuna, una combinazione propizia delle carte e talvolta la giusta dose di strategia, specie quelli che prevedono regole variabili per lo spostamento o il riposizionamento delle carte. Uno dei solitari più famosi in assoluto è il “solitario piramide”; si può fare con un qualsiasi mazzo regionale italiano da 40 carte oppure si può giocare online, tramite l’app di Digitalmoka. Di seguito, vediamo di cosa si tratta e come si gioca.

Solitario piramide: cos’è

Noto anche come “Pyramid”, “King Tut” e “Tut’s Tomb”, il solitario piramide è tra i giochi di carte più famosi nel suo genere. Il principio di base è piuttosto semplice ma, al contempo, la riuscita del solitario è tutt’altro che scontata, dal momento che dipende in buona parte dall’ordine in cui le carte escono dal mazzo. Il nome del gioco deriva dal fatto che, inizialmente, le carte vengono disposte sul tavolo in maniera tale da formare una piramide che il giocatore deve progressivamente ‘demolire’, accantonando tutte quelle presenti sul tavolo, anche al di fuori della piramide stessa. Per quanto riguarda il meccanismo di svolgimento, il Pyramid ricorda vagamente il “solitario di Napoleone”, seppur con sostanziali differenze; nel complesso risulta piuttosto semplice da eseguire, in quanto non richiede particolari doti strategiche o mnemoniche a differenza, ad esempio, del Klondike dove vi è più spazio per una gestione strategica delle mosse.

Quali sono le regole?

Dopo averle mescolate, le carte vanno disposte sul tavolo per formare una piramide. In cima viene posta una sola carta; le altre vengono disposte lungo sei file, aggiungendo per ogni fila una carta in più rispetto alla precedente; di conseguenza, la formazione della piramide prevede:
  • Due carte in seconda fila;
  • Tre carte in terza fila;
  • Quattro carte in quarta fila;
  • Cinque carte in quinta fila;
  • Sei carte in sesta fila.
Le carte delle prime cinque file vengono posto sul tavolo coperte mentre quelle della sesta e ultima fila sono scoperte. Pertanto, la piramide risulterà formata da ventuno carte (quindici coperte e sei scoperte); le restanti vanno messe da parte e costituiscono il tallone. Le carte di ogni fila ‘coprono’ parzialmente – per circa metà della lunghezza – quelle della fila posta più in alto; questo dettaglio è importante perché quando una carta coperta è sovrapposta ad un’altra, quest’ultima è vincolata e non può essere scoperta. È possibile utilizzare anche un mazzo francese da 52 carte, togliendo però i jolly. Le file da formare sono sette anziché sei e le carte vengono accoppiate e scartate quando la loro somma è pari a 13. Per il resto, il gioco si svolge allo stesso modo. L’obiettivo del gioco pyramid è scartare tutte le carte, sia quelle della piramide che del tallone, accoppiandole in maniera tale che la loro somma sia pari a dieci. A tal proposito, solo le carte non coperte da un’altra sovrapposta – considerate “libere” – si possono girare, accoppiare e, successivamente, scartare.  Una volta terminata la disposizione delle carte sul tavolo, si può cominciare a giocare. È possibile accoppiare fin da subito le carte della sesta e ultima fila, quelle scoperte. Nel caso in cui tra queste vi siano due la cui somma è pari a dieci, si scartano e si dispongono a lato della piramide a faccia in su; naturalmente, si scartano subito i Re, il cui valore numerale è pari a dieci (nei mazzi da 40) e quindi non possono essere accoppiati a nessun’altra carta.  Se, dopo aver effettuato tutti gli accoppiamenti possibili con le carte della sesta fila è possibile girare anche una carta della fila successiva, si valuta se quest’ultima può essere a sua volta accoppiata e scartata con un’altra. A questo punto, generalmente, entra in gioco il tallone formato dalle carte non utilizzate per formare la piramide.

Come usare il mazzo

Quando tutte le possibilità di accoppiare e scartare le carte si sono esaurite, è possibile girare una carta dal tallone. Dopodiché, si hanno due possibilità:
  • Accoppiarla ad un’altra carta della piramide, per poi scartarle entrambe;
  • Se non è possibile accoppiarla con alcun’altra carta, va messa nel ‘pozzo’ a faccia in su.
Il gioco, quindi, prosegue così: ogni qual volta non si può accoppiare una carta dalla piramide, se ne gira una dal tallone. Questa, a sua volta, si può accoppiare o sovrapporre alle altre del pozzo. Per formare gli accoppiamenti è possibile attingere sia al tallone, girando una carta per volta, sia al pozzo, utilizzando la carta che si trova in cima allo stesso. In aggiunta, è possibile accoppiare e poi scartare la nuova carta (girata dal tallone) abbinata alla carta che si trova in cima al pozzo. Quando le carte del tallone si sono esaurite, e la piramide non è stata ancora ‘abbattuta’ del tutto, le regole del gioco consentono di mescolare le carte del pozzo una sola volta. In tal modo, si crea un nuovo tallone e il gioco può riprendere, secondo le medesime regole. Per aumentare la difficoltà del solitario, è anche possibile riprendere il gioco senza mescolare il pozzo la sola volta in cui è consentito. Il solitario riesce quando vengono scartate tutte le carte della piramide, del tallone e del pozzo; di contro, non riesce quando non è possibile fare ulteriori accoppiamenti con le carte rimaste sul tavolo, nel tallone e nel pozzo (e non è più possibile rimescolare quest’ultimo).

Consigli per giocare

Non ci sono particolari trucchi da utilizzare quando si fa un solitario piramide; il consiglio è di mescolare bene il mazzo, specie se è stato precedentemente utilizzato per giocare ad un gioco di presa (tipo Scopa o Briscola), così da dividere le carte che hanno valori numerali simili. Per il resto, basta disporre le carte con cura sul tavolo e tenere ben separato il tallone dal pozzo e accantonare le carte accoppiate nell’angolo in alto a destra rispetto alla piramide, così da non creare confusione.