Tra i giochi di carte più diffusi in Italia c’è sicuramente la Briscola; si può giocare con qualsiasi mazzo regionale da 40 carte oppure online, utilizzando l’app di Digitalmoka. Nella sua versione più comune, il gioco prevede un numero pari di giocatori (uno contro uno oppure a squadre, due contro due) ma esistono numerose varianti in cui è possibilegiocare in cinque. Si tratta della cosiddetta “Briscola a chiamata”, perché lo svolgimento della partita prevede una contrattazione iniziale “a chiamata”. Di seguito, vediamo quali sono le regole della briscola in cinque e come si calcola il punteggio.
Briscola a chiamata: cos’è?
La “Briscola a chiamata” è una variante del gioco della Briscola che si gioca in cinque. Ragion per cui è nota soprattutto come “Briscola a cinque” ma è conosciuta localmente anche in molti altri modi, tra cui “Briscola bugiarda”, “Briscola pazza”, “Giaguaro” e “Briscolone”. Come già accennato, questa versione (e le altre simili) del gioco si dicono “a chiamata” perché, subito dopo la distribuzione delle carte, c’è una fase di “chiamata”. In cosa consiste? In sintesi, il primo giocatore di turno deve ‘chiamare’ (o ‘dichiarare’) una carta, ossia indicare una carta specificando il valore ma non il seme. Lo stesso fanno a turno anche gli altri giocatori, con l’obbligo di ‘chiamare’ una carta dal valore più basso rispetto a quella precedente, in base alla gerarchia valida anche nella Briscola tradizionale: Asso, 3, Re, Fante, Donna, 7, 6, 5, 4, 2.
Regola della briscola in 5
Vediamo ora come si svolge per intero la fase iniziale della partita in cui i giocatori devono effettuare la “chiamata”.Per prima cosa, il mazziere distribuisce a ciascun giocatore 8 carte; a differenza della Briscola classica, quindi, non c’è nessuna carta scoperta sul tavolo a ‘segnare’ il seme di briscola. Dopodiché, il giocatore di turno effettua la prima “chiamata” oppure sceglie di passare, rinunciando così alla possibilità di ‘chiamare’ una carta anche per i turni successivi. Gli altri giocatori, a turno (fino al mazziere), fanno altrettanto, ossia scelgono se procedere con una chiamata oppure passare la mano; nel primo caso, la carta chiamata deve essere di valore inferiore a quella chiamata in precedenza. Il giro di chiamate prosegue tra i giocatori che, nel turno precedente, non hanno passato; lo scopo di questa fase iniziale della partita è vincere la chiamata, poiché ciò garantisce alcuni vantaggi. Per stabilire quale giocatore si aggiudica la chiamata, quelli che non hanno ‘passato’ nel turno precedente continuano a chiamare una carta, di valore sempre più basso, fin quando non resta soltanto un giocatore. L’ultimo a fare “dichiarazione” vince la chiamata ed ha la facoltà di scegliere il seme di Briscola (il principale vantaggio che si ottiene da questa prima fase di gioco).
Nella variante siciliana della Briscola a 5, invece, ogni giocatore riceve sette carte coperte mentre quelle restanti vengono messe, anch’esse coperte, sul tavolo. Il meccanismo di “chiamata” premia il giocatore con la carta più alta, il quale guadagna la facoltà di ‘consultare’ le carte rimaste sul tavolo. A questo punto, il giocatore ha diverse possibilità: scegliere come compagno il giocatore alla sua destra, non lasciare le carte sul tavolo oppure giocare da solo. Inoltre, il giocatore che si è aggiudicato la “chiamata” può mettere nel monte le carte di maggior valore, tenendo presente che spetta a chi è ultimo di presa, ossia il giocatore “chiamante”. Questi ha l’obiettivo di difendere le carte a monte, a meno che non sia costretto a giocarle poiché gli avversari hanno in mano carte sufficienti per poter vincere la partita.
Come si gioca a briscola in 5
La fase di “chiamata”, come detto, si conclude quando resta un solo giocatore a fare dichiarazione. Questi, oltre a chiamare la carta dichiara anche il seme, stabilendo quindi il seme di briscola valido per tutta la partita. A questo punto, si formano le ‘squadre’, dal momento che le regole della Briscola in 5 prevedono, generalmente, che la partita si svolga tre contro due. La squadra in minoranza numerica è formata da un “comandante” e un “socio”; il primo è il giocatore che si è aggiudicato la chiamata mentre il secondo è quello che ha in mano la carta ‘chiamata’. Il socio non dichiara apertamente agli altri giocatori il proprio stato, neanche al comandante; tocca agli altri, nel corso della partita, capire quali sono gli accoppiamenti. Tra il comandante e il socio si instaura una sorta di ‘patto’, ovvero totalizzare almeno 61 punti per vincere la partita. Ciò accade nella variante classica della Briscola a cinque ma esistono alcune eccezioni. Può capitare, ad esempio, che un giocatore chiami (subito o dopo alcuni turni di chiamata) il 2; di conseguenza, gli altri giocatori non possono chiamare una carta di valore inferiore ma hanno due alternative:
“chiamare i punti”, ovvero chiamare a loro volta il 2 ma dichiarando, al contempo, che per vincere la partita servono 62 punti anziché 61 (in tal caso, si dice che un giocatore ha “chiamato un 2 da 62 punti”). Gli altri giocatori possono fare altrettanto, aumentando di volta in volta i punti dichiarati necessari per vincere; in genere, ad ogni chiamata si aumenta di due punti, ma nulla vieta di aggiungerne di più e proseguire la contrattazione;
effettuare una “chiamata obbligata”, ossia chiamare la carta di valore più basso che non si ha in mano; al contempo, è necessario aumentare i punti necessari per vincere la partita. Esempio: se un giocatore ha in mano un 2 e un 4, può chiamare un 5 “obbligato” da 62 punti (o 64, 66, 68 e così via).
Come si calcola il punteggio
Per calcolare il punteggio nella Briscola a 5, a fine partita si conteggiano assieme le carte del “comandante” e del “socio” da una parte e quelle degli altri tre giocatori dall’altra. Se i primi totalizzano i punti ‘dichiarati’ all’inizio (almeno 61, se non ci sono state chiamate a punti), vincono la partita e vengono assegnati due punti al comandante e uno al socio. Nella partita doppia (chiamata a punti da 62 a 79), si assegnano, in caso di vittoria, 4 punti al comandante, 2 al socio e 2 agli altri; se la chiamata va da 80 a 89 punti (partita tripla), si danno 6 punti al comandante e 4 a tutti gli altri.
I giochi di carte richiedono, oltre ad una discreta dose di fortuna, anche delle buone capacità di memoria; l’abilità di memorizzare le carte, infatti, può risultare spesso decisiva per aggiudicarsi una mano o l’intera partita. In tal modo è possibile valutare in maniera più accurata la strategia di gioco da adottare, sia giocando da soli che in coppia in una partita a squadre. Naturalmente, quando si parla di memorizzare carte, si fa riferimento ad una tecnica puramente mnemonica, che non prevede il ricorso a supporto analogici o digitali; in altre parole, provare a ricordare le carte a mente è perfettamente lecito (seppur difficile) mentre appuntare su un taccuino o sul cellulare quelle già uscite dal mazzo o dal tallone non è concesso in alcun tipo di gioco. Memorizzare le carte può sembrare complesso ma, con l’ausilio di una tecnica ben precisa e una buona dose di allenamento, si può migliorare notevolmente la propria capacità di memoria. In questo articolo, vediamo come ricordare le carte a scopa, a briscola e molti altri giochi.
Scegliere un metodo
Memorizzare un mazzo da 40 o da 52 carte non è semplice ma neanche impossibile. Ciò che conta è, anzitutto, avere un metodo da seguire o una tecnica da applicare. Provare semplicemente a ricordare tutte le carte del mazzo improvvisando può risultare molto complicato e ben poco efficace. Con un approccio metodico, invece, servono tempo e fatica ma i risultati, specie se combinati con la pratica e l’esercizio, prima o poi arriveranno; di contro, procedendo a caso è probabile che, malgrado gli sforzi, i risultati siano praticamente nulli: le difficoltà di memorizzazione resteranno e ricordare le carte sarà sempre molto complicato e faticoso.
La “tecnica dei loci”
Nota fin dai tempi di Cicerone (e per questo chiamata anche “tecnica della stanza romana”), è una tecnica di tipo associativo, che si basa sulla creazione di collegamenti arbitrari tra dati e informazioni e una serie di immagini. Queste ultime servono a fissare il pensiero (ossia il dato che si vuole ricordare) mentre i “loci” (“luoghi”) servono a fissare un ordine.Quando applicata alla memorizzazione delle carte da gioco, questa tecnica prevede anzitutto di associare a ciascuna carta un’immagine o un personaggio facili da ricordare. I quattro assi, ad esempio, possono essere visti come quattro sportivi famosi, in quanto ‘assi’ nella propria disciplina; inoltre, è possibile giocare sull’assonanza o sull’affinità visiva tra la carta e un’immagine (o un personaggio famoso). Questo processo di codifica va abbinato alla tecnica PAO (persona/azione/oggetto), grazie alla quale un tris di carte può essere ‘interpretato’ come una persona che compie una determinata azione utilizzando un oggetto.Più in generale, è bene ‘standardizzare’ le immagini in relazione al seme, senza rinunciare ad un po’ di creatività; ai Denari, ad esempio, si possono associare persone ricche o avide mentre alle Coppe è possibile ricondurre vittorie, trofei e simili. Ciascuna delle immagini associate alle singole carte va poi collocata in una serie di ‘loci’, ossia luoghi immaginari in cui si svolge una ‘azione’. In concreto, mentre si memorizza il mazzo, si girano tre carte: per ricordarle, si crea una sorta di scena in cui interagiscano i personaggi e gli oggetti utilizzati per codificare mnemonicamente la sequenza di carte.
La codificazione di Leibniz
Questa tecnica di memorizzazione si basa anzitutto su due semplici regole: passare dal semplice al complesso e dallo sconosciuto al conosciuto. Nello specifico, si tratta di convertire un’informazione difficile da ricordare in una semplice da memorizzare, associando ad un dato sconosciuto uno già conosciuto. La somma di questi due procedimenti è, appunto, la codificazione; nel caso dei mazzi di carte, consiste generalmente nell’associare ciascuna carta ad un’immagine o ad un suono che risulti più semplice da tenere a mente; questa tecnica garantisce ottimi risultati solo se applicata secondo una rigida standardizzazione, ossia utilizzando lo stesso metodo (e gli stessi principi) per tutto il mazzo.Nel caso specifico della codificazione alfanumerica, utilizzata da Leibniz, bisogna procedere come segue:
Assegnare alle carte di ogni seme un valore numerale all’interno di una decina. Così facendo, se l’asso di Denari è 1, il re sarà 10. Per un altro seme, poniamo sia quello di Spade, i valori numerali da assegnare possono andare da 11 a 20, così che il re di Spade corrisponda al numero 20; le carte degli altri semi saranno associate ai numerali da 21 a 30 e da 31 a 40; la scelta è puramente soggettiva;
Associare ad ogni valore numerico un suono consonantico, secondo lo schema alfanumerico di Liebniz;
Imparare il ‘codice’ assegnato a ciascuna carta in base a questo sistema.
Per meglio comprendere il meccanismo di base, è bene tener presente che, secondo la codificazione alfanumerica di Liebniz, le associazioni numero-suono sono le seguenti:
1: dentale (T o D);
2: nasale (N, GN);
3: nasale bilabiale o mugolante (M)
4: vibrante (R);
5: liquido (L o GL);
6: palatale (C e G come in “ciao” o “gelato”);
7: occlusiva (C e G come in “cane” e “gatto”);
8: labiodentale (F e V);
9: dentale (P e B);
0 (o 10): sibilante (S, SC, Z).
In base a quanto evidenziato fin qui, vediamo dal punto di vista pratico come applicare la codificazione. Prendiamo ad esempio una carta che abbiano associato al numero 25, ossia il 5 di un qualsiasi seme; la carta dovrà essere collegata a due suoni consonantici, uno nasale (2) e uno liquido (5). Pertanto, il 5 di Coppe, ad esempio, può essere associato alla parola “NiLo”, che rappresenta un’informazione più semplice da ricordare rispetto a “cinque di coppe”. Altro esempio: carta numero 33, ovvero il 3 di un seme a nostra scelta (poniamo sia Bastoni): in tal caso, lo si associa a due bilabiali (M-M) poiché le due cifre sono uguali. Quindi, quella carta corrisponde ad una parola tipo “MiMo”. Queste associazioni arbitrarie vanno memorizzate per tutte e quaranta le carte, attraverso la pratica e l’esercizio costanti.Questa e la tecnica dei loci si possono usare con qualsiasi mazzo, sia quelli a semi francesi che ai regionali italiani; le strategia di memorizzazione possono essere ‘testate’ anche giocando a scopa online, oppure abriscola online, utilizzando l’app di Digitalmoka.
Il Piemonte vanta una lunga tradizione in fatto di carte da gioco; oltre ad un caratteristico mazzo a seme francese da 40 carte, nella regione viene utilizzato anche il Tarocco Piemontese; quello arcaico era in uso fin dalla prima metà del Settecento mentre il mazzo moderno è l’unico in Italia che conta ben 78 carte. Non sorprende, quindi, come in Piemonte i giochi di carte siano diffusi tanto quanto nelle altre regioni; di seguito, vediamo quali sono quelli tipicamente regionali che si giocano con le carte piemontesi.
La Cirulla
Tra i giochi tradizionali piemontesi, la Cirulla è forse quello più noto e diffuso. Questa variante locale della Scopa viene giocata soprattutto nel Basso Piemonte, nelle provincie di Asti, Alessandria e Cuneo (nonché in Liguria). Si gioca con un mazzo da 40 carte a seme francese (le piemontesi o, in alternativa, le liguri); possono sfidarsi due, tre o quattro giocatori; in quest’ultimo caso si gioca in coppia.
Il mazziere distribuisce ad ogni giocatore tre carte coperte e poi dispone quattro carte scoperte sul tavolo. Da questo punto in poi, la Cirulla diverge sensibilmente dalla Scopa, grazie ad una serie di regole aggiuntive che consentono a tutti i giocatori di mettere a segno un maggior numero di punti.
Terminata la prima distribuzione, infatti, se la somma delle carte è pari a 15, il mazziere le raccoglie e mette a segno una scopa; se, invece, la somma è 30, segna due scope. Le regole di presa sono molto simili a quelle della Scopa: il giocatore di mano può prendere una carta uguale (con lo stesso valore numerale) o le carte che sommano il valore di quella giocata. In aggiunta, è possibile effettuare una presa ‘extra’, se la somma tra la carta calata e quella sul tavolo è uguale a 15. Non a caso, il gioco è noto anche come “Ciapachinze”, che vuol dire “acchiappa quindici”. La Cirulla prevede anche la presa classica dell’Asso Pigliatutto: il giocatore che in mano un asso prende tutte le carte sul tavolo e realizza una scopa, a meno che non vi sia un altro asso. In tal caso, il giocatore può prendere soltanto quest’ultimo a meno che la somma delle carte sul tavolo non sia quindici.
Altra particolarità di questo gioco è il ricorso agli accusi, rappresentati perlopiù da diverse combinazioni di carte, che il giocatore deve ‘chiamare’, mostrandole agli altri partecipanti:
Tre carte la cui somma è inferiore o uguale a nove: “buona da tre” (“barsèga”, in dialetto genovese); vale tre punti;
Tre carte uguali: il giocatore ‘chiama’ una “buona da dieci” e segna dieci punti;
Il sette di cuori funge da matta, e può assumere un valore diverso ma solo per consentire al mazziere di realizzare una o due scope ad inizio partita oppure permettere ad un giocatore di completare una barsèga o una buona da dieci.
Oltre ai punti di mazzo previsti dalla Scopa tradizionale, nella Cirulla sono previsti anche i seguenti:
Scala piccola (o “Cirulla piccola”), vale 3 punti: è formata da asso, 2 e 3 di quadri (denari, se si gioca con carte a seme spagnolo); per ogni carta successiva al 3, si assegna un punto in più, fino ad un massimo di sei;
Scala grande (o “Cirulla grande”), vale 5 punti: viene assegnata al giocatore che ha le tre figure di quadri;
Cappotto: si realizza prendendo tutte le carte di quadri. Il giocatore che fa capotto vince la partita, a prescindere dai punti totalizzati dagli altri.
Il Trucco (Truco)
È un gioco di carte piemontesi praticato soprattutto in Alta Langa, nel Monferrato e in Val Borbera. Ha origini sudamericane ed è molto diffuso anche in Spagna. Solitamente, si sfidano due squadre da due giocatori: uno è il ‘piede’, l’altro è la ‘mano’, e possono comunicare tra loro durante la partita. Il gioco prende il nome dalla scommessa (‘trucco’) che ogni giocatore può fare in qualsiasi momento.
La gerarchia delle carte è la seguente: Asso di picche, Asso di fiori, 7 di picche, 7 di quadri, i 3, i 2, gli assi di quadri e cuori, K, Q, K, gli altri 7, i 6, i 5 e i 4. Se si gioca con un mazzo a seme spagnolo, basta tenere presente le seguenti equivalenze: picche=spade, quadri=denari, cuori=coppe e fiori=bastoni.
La partita inizia con il mazziere che distribuisce a ciascun giocatore tre carte coperte. Il giocatore ‘mano’ prima chiama il cosiddetto ‘invito’ e poi procede alla presa con eventuale chiamata del ‘trucco’. In caso di invito, ci sono diverse possibilità:
Accettare (quiero): i giocatori confrontano i punti che hanno in mano; chi vince si aggiudica due punti;
Rifiutare (no quiero): l’avversario guadagna un punto;
Rilanciare l’invito, aggiungendo due punti alla scommessa. Con il ‘reale invito’, se ne aggiungono tre.
Per calcolare il valore dell’invito, si fa riferimento al valore numerale delle carte (le figure valgono 0 o mezzo punto, a seconda della versione giocata). Le varianti italiane del Trucco prevedono anche la ‘Flor’, una chiamata (‘quiero flor’) per cui chi ha il punteggio più alto si aggiudica 4 punti mentre se la squadra accetta ne guadagna 6.
La Bestia
In provincia di Alessandria, e negli altri territori delle “Quattro province” dell’Appennino, la Bestia è uno dei giochi più radicati nella tradizione locale. La gerarchia delle carte, ai fini della presa, è identica a quella della Briscola: Asso, 3, Re, Cavallo, Fante, 7, 6, 5, 4, 3 e 2. In aggiunta, prima di cominciare a giocare, si sceglie una carta che segnala il seme prevalente (come fosse un seme di briscola). Di contro, nella Bestia, il punteggio non viene calcolato in base alle carte conquistate ma tenendo conto del numero di prese.
Per partecipare alla mano, i giocatori devono puntare una somma (‘invito’) nel piatto; se un giocatore non effettua alcuna presa, si dice che “va in bestia” (da cui, probabilmente, il nome del gioco). Dopo la distribuzione delle carte, il giocatore di mano può scegliere se partecipare o meno. Il gioco si svolge in maniera simile alla Briscola, con la sola differenza che al termine di un singolo giro, il piatto viene diviso in tre: ciascuna quota va al giocatore che ha effettuato una presa e l’eventuale resto va a chi ha preso per primo.
I più famosi giochi piemontesi, quali sono
La briscola è uno dei giochi tradizionali italiani più famosi; viene giocata in tutta Italia, sia nella versione classica sia nelle tante varianti regionali. Pur avendo regole piuttosto semplici, questo gioco richiede buone capacità di memoria e una discreta dose di strategia; per fare pratica, e imparare a padroneggiare tutti i trucchi per vincere a briscola, è possibile anche giocare a briscola online, scaricando l’app di Digitalmoka.Ma quali sono i principali stratagemmi da utilizzare? In questo articolo vediamo come vincere a briscola mettendo in pratica qualche piccolo trucco senza violare le regole.
Contare le carte
Tra le strategie della briscola, contare le carte è quella che richiede il maggior sforzo di memoria. Naturalmente, “contare le carte” non vuol appuntarsi materialmente quelle che sono state già giocate ma, semplicemente, cercare di tenere a mente quali sono le carte di valore che l’avversario (o gli altri giocatori, se si gioca a squadre) ha calato. Questo trucco consente di impostare la propria strategia nel corso della partita, scegliendo di volta in volta la carta migliore da giocare. Si tratta di un trucco utilizzabile anche nei giochi di carte ma che può risultare più semplice da applicare alla briscola, dal momento che le carte di valore (asso, tre e figure) sono la metà dell’intero mazzo; in aggiunta, se si gioca in due, è altamente probabile che tali carte siano divise abbastanza equamente durante la partita, in virtù del meccanismo di svolgimento del gioco stesso.
Contare le carte non vuol dire non soltanto memorizzare i ‘carichi’ già usciti dal tallone, ma anche provare a ricordare quanti punti sono stati già messi a segno. Questo stratagemma può essere utile per capire quanti punti non siano stati ancora assegnati, sottraendoli dal totale di 120 (se si gioca alla briscola tradizionale senza accusi).
Usare i segni
Quando si gioca in coppia, contro un’altra squadra di due giocatori, è possibile ‘comunicare’ con il proprio compagno utilizzando una serie di segni convenzionali. Nella briscola, così come in molti altri giochi di carte, i giocatori non possono parlarsi; al contempo, non vi è alcun divieto di scambiarsi dei segnali segreti, mediante i quali informare il proprio compagno sul tipo di carte che si hanno in mano (o meno). I trucchi per giocare a briscola con i segni ‘in codice’ sono:
Stringere le labbra e sporgerle in avanti: vuol dire asso o asso di briscola in mano;
Storcere le labbra verso l’angolo sinistro della bocca: tre o tre di briscola;
Alzare leggermente una spalla: una delle tre carte in mano è un cavallo;
Sporgere leggermente la lingua tra le labbra: fante (o donna, a seconda del mazzo utilizzato per giocare);
Socchiudere o stringere leggermente gli occhi: nessuna carta di briscola in mano;
Strizzare l’occhio: asso, non necessariamente del seme di briscola;
Mano sullo stomaco: il giocatore ha in mano un sei;
Alzare gli occhi al cielo: re o re di briscola;
Sfregare pollice e indice: scartina del seme di briscola;
Mano sinistra sulla spalla destra: il giocatore ha in mano un sette;
Arricciare le narici: il giocatore ha una scartina tra 2, 4 o 5;
Gonfiare le guance: carte di valore alto, asso o 3.
Prendere l’ultima carta
Più che uno stratagemma, “prendere l’ultima carta” rientra tra i consigli per la briscola da tenere a mente se l’ultima carta scoperta sotto il tallone è di particolare valore. Poiché si tratta comunque di una carta del seme di briscola, bisogna valutare se l’avversario ne possiede altre, di valore superiore, e quante sono state già giocate in precedenza; in caso contrario, anche una scartina può essere preziosa, se si hanno in mano carte di briscola più ‘pesanti’. In tal modo, infatti, si priva l’avversario di una ulteriore possibilità di presa. Questo ‘trucco’, però, ha anche uno svantaggio: l’avversario conosce in anticipo una delle carte che si hanno in mano; ciò consente all’altro giocatore di calcolare con maggiore precisione quali carte calare e in che ordine.
Per mettere in atto questo ‘trucco’, è sufficiente gestire bene la mano immediatamente precedente alla presa delle ultime due carte del tallone. Se si è di mano, è consigliabile giocare una carta che invoglia (o costringe) l’avversario ad effettuare una presa, come ad esempio una figura. È possibile calare anche un asso oppure un 3 (purché non siano di briscola), se l’ultima carta è, ad esempio, uno dei ‘carichi’ del seme di briscola. Ciò non toglie che l’avversario possa essere altrettanto interessato ad aggiudicarsi l’ultima carta e risponda con una scartina, così da avere diritto a prendere l’ultima carta. Di contro, quando non si è di mano, basta ‘regalare’ la presa all’avversario; naturalmente, questa possibilità dipende dalle carte che si hanno in mano e da quella messa sul tavolo dall’altro giocatore.
Gestire bene le carte
È un principio universalmente valido ma che nella briscola può essere determinante per la vittoria di una mano o di una partita. In linea di massima, la gestione delle carte può essere controllata solo in parte, dal momento che la loro distribuzione è completamente casuale. Di conseguenza, bisogna regolarsi di volta in volta in base alle carte che si hanno in mano ed alla giocata del proprio avversario.
Durante una partita di briscola, quindi, bisogna far attenzione a non regalare punti facili. Se, ad esempio, l’avversario cala una scartina del seme di briscola, è meglio rispondere con un’altra carta senza valore (se possibile); se si hanno in mano solo carte di valore, bisogna giocare quella che vale meno punti (una figura). Di contro, avendo in mano un carico di briscola, lo si può giocare tranquillamente, poiché ci si aggiudica comunque un buon numero di punti.
Più la partita prosegue, più la gestione delle carte è importante; per questo bisogna cercare di tenere a mente le carte già giocate. Nel caso in cui, ad esempio, i ‘carichi’ di un determinato seme siano stati già presi, è possibile giocare abbastanza tranquillamente tutte le altre carte di quel seme perché, al massimo, il giocatore avversario potrà totalizzare dai due ai quattro punti, quelli assicurati da una presa con una delle figure.
Quando si parla di giochi di carte italiani, la Scopa è sicuramente il più rappresentativo: diffuso in tutta Italia, da nord a sud, viene largamente giocato tanto nella versione tradizionale quanto nelle tante varianti locali. Lo si può giocare durante le festività natalizie, in famiglia, tra amici, utilizzando qualsiasi mazzo di carte regionali; in aggiunta, si può giocare anche a scopa online, tramite l’app di Digitalmoka.
Le origini del gioco della Scopa sono molto antiche ma, nonostante l’enorme popolarità, restano ancora piuttosto incerte.
Gioco della scopa, la storia
Per tracciare in maniera accurata una storia del gioco della Scopa, bisogna risalire al Rinascimento italiano e, più precisamente, al periodo a cavallo tra il XV° e XVI° secolo. Le carte da gioco, all’epoca, erano già piuttosto diffuse, grazie soprattutto agli spagnoli che avevano introdotto nella penisola i ‘naibi’, dirette discendenti delle carte arabe che circolavano nel Mediterraneo già da alcuni secoli e dalle quali derivano, più o meno direttamente, gran parte dei mazzi regionali italiani a semi spagnoli.
Tra i giochi più praticati in Italia già agli inizi del Cinquecento, e diffuso dai marinai spagnoli di stanza nei porti italiani, vi era la Primiera. Si trattava di un gioco d’azzardo vagamente simile al Poker in cui i punti venivano assegnati al giocatore che riusciva a raccogliere quattro carte con lo stesso valore numerico. A riprova di quanto fosse popolare questo gioco, se ne ha traccia persino nel titolo un’opera del poeta toscano Francesco Berni (“Capitolo del gioco della primiera col comento di messer Pietropaulo da San Chirico”) risalente al 1526.
Il legame tra la Primiera e la Scopa è confermato dal fatto che, ancora oggi, il termine “primiera” è utilizzato per identificare un particolare punto di mazzo del gioco della Scopa. È opinione diffusa, infatti, che quest’ultimo derivi più o meno direttamente proprio dalla Primiera. Secondo un’ipotesi avanzata dalla FIGS (Federazione Italiana Gioco dello Scopone), “era finalizzata all’acquisizione dell’unico punto in palio che si ottiene confrontando, a conclusione di ogni smazzata, il punteggio composto da quattro carte di seme differente, sommando il loro valore”. Il passaggio dalla Primiera allo Scopone, quindi, sarebbe avvenuto quando, in base a quanto ipotizzato dalla stessa Federazione, “le quattro carte di seme diverso, necessarie per realizzare il punto della primiera, non erano più distribuite casualmente, bensì dovevano essere conquistate”. Lo Scopone, infatti, come recita Il Codice di Chitarrella del 1750, (nella versione redatta dal Saracino), “è così chiamato perché è una scopa in grande”; di conseguenza, è molto probabile che l’evoluzione dei due giochi si sia sviluppata di pari passo.
Il Codice sopra citato, contenente le “44 regole dello Scopone”, scritte in latinetto da un monaco (o prete) napoletano non meglio identificato, rappresenta la prima attestazione del gioco (almeno secondo alcuni) e, per estensione, anche della scopa “detta anche scopetta”, descritta come un gioco che “si gioca con tre carte”. Le regole di Chitarrella testimonierebbero come, a metà del Settecento, Scopa e Scopone fossero già ampiamente diffusi in tutta Italia, dal momento che, si legge nella prima regola, “i giocatori di scopone di qua dal Po adoperano generalmente le carte italiane” (mazzi regionali a semi spagnoli o italiani) mentre “Di là dal Po si usano le carte che noi napoletani chiamiamo francesi” (Regola 2).
Nei due secoli precedenti la pubblicazione del Codice, è ipotizzabile, secondo la FIGS, “una evoluzione delle regole con la nascita di giochi intermedi”, tra i quali il Calabrache (noto anche come Besàbesa o Concina), la Cicera bigia, il Foraccio (comprese le varianti Zobelòn e Zogoeon, antenato del Foracio) e lo Scarabocion (o Scarabucion), considerato come uno dei diretti antesignani della Scopa moderna. A partire dalla metà del 18° secolo, le regole si sono progressivamente consolidate; il primo ‘vero’ manuale sullo Scopone, secondo molti, è rappresentato da una pubblicazione di Antonio Capecelatro, pubblicato in forma anonima dallo stabilimento tipografico G. Nobile di Napoli nel 1855.
Da cosa deriva il nome
Il termine “Scopa” fa riferimento al meccanismo di presa che consente ad un giocatore di realizzare un punto (scopa) prendendo tutte le carte presenti sul tavolo; il dizionario etimologico online, infatti, definisce la “Scopa” come “giuoco di carte in cui vice chi prende tutte o la massima parte delle carte che sono in tavola e così in quel modole scopa via”. Anche il Codice di Chitarrella sembra confermare questa spiegazione del nome; la prima regola spiega che “la scopa prende il suo nome dal punto che si fa prendendo tutte le carte in tavola, come se la si scopasse”.
Curiosità sulla scopa
Nel corso dei secoli, la Scopa è entrata a far parte della cultura popolare italiana. Non a caso, esiste un’ampia gamma di varianti locali quali la Cicera bigia (diffusa nel bresciano), la Cirulla (di origine ligure), la Scopa bugiarda, lo Spazzino, il Dobellone (tipico del Trentino), il Foracio (che si gioca in Veneto ed è simile allo Scopone), l’Asso pigliatutto, la Bàzzica, il Maresciallo, il Rubamazzetto, la Sbarazzina, la Scopa a undici, la Scopa a quindici, lo Scopone scientifico e il Tuzzulicchio.
Negli anni Ottanta, il gioco della Scopa guadagnò ulteriore fama dopo la vittoria della Nazionale di calcio al Campionato del mondo disputato in Spagna nel 1982; sul volo presidenziale che riportò la squadra in Italia, venne giocata una ormai famosissima partita che coinvolse l’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini, il commissario tecnico Enzo Bearzot e due calciatori, Franco Causio e Dino Zoff. Il celebre scatto immortalava i quattro giocatori e la Coppa del Mondo al centro del tavolo, con davanti un mazzo di carte.
Due anni dopo, nel 1984, esce nelle sale cinematografiche “Non ci resta che piangere”, di Massimo Troisi e Roberto Benigni. I due personaggi che interpretano (Mario e Saverio) incontrano Leonardo da Vinci e cercano di spiegargli le regole per giocare a Scopa.
Il gioco era già comparso al cinema molto prima; nel film a episodi “L’oro di Napoli” (1954), Vittorio de Sica interpreta il conte Prospero, impegnato in una serie di partite a Scopa con Gennarino, il figlio del portiere. “Lo scopone scientifico”, infine, è il titolo di una commedia del 1972 diretto da Luigi Comencini.
In famiglia o tra amici, i giochi di carte rappresentano ancora un passatempo molto comune e diffuso; alcuni sono adatti ad un numero limitato di giocatori, altri possono coinvolgere molti partecipanti. Tra i primi ci sono molti giochi tradizionali e popolari, come la Scopa e la Briscola – giocabili anche online grazie all’app di Digitalmoka – o il Tressette, oltre al Poker, al Blackjack e al Ramino, per citare i più famosi.
A differenza di questi, i giochi di carte da fare in tanti non richiedono una particolare strategia o spiccate capacità mnemoniche; hanno poche e semplici regole, tant’è che sono adatti anche ai bambini, e si svolgono in maniera piuttosto rapida. Di seguito, vediamo quali sono i principali giochi di carte da fare in gruppo.
Sette e mezzo
Il Sette e mezzo è uno dei giochi di carte di gruppo più popolari, specie nel periodo natalizio. Le regole sono molto semplici: si gioca con un mazzo da 40 carte; quelle dall’asso al 7 hanno un valore identico a quello numerale mentre le figure valgono tutte mezzo punto. Il Re di denari – o la donna di cuori, se si gioca con un mazzo a seme francese – funge da jolly; viene generalmente chiamata “matta” e può assumere un valore compreso tra mezzo punto e sette punti interi, a discrezione del giocatore (in base alle carte che ha in mano). Lo scopo del gioco è battere il banco, ossia avere una carta (o una combinazione di due o più carte) di valore superiore a quelle del mazziere (ossia il ‘banco’); in caso di parità, vince il banco. Chi supera, con una combinazione di carte, il valore di sette e mezzo perde automaticamente (in gergo, si dice che “sballa”).
Lo svolgimento di una ‘mano’ è il seguente. Dopo aver scelto il mazziere, i giocatori – di comune accordo – fissano una somma minima (puntata di base) da mettere nel piatto per partecipare alla partita.
Mescolate le carte, il mazziere distribuisce una carta coperta al giocatore di mano, e poi ne lascia un’altra coperta sul tavolo per sé. Il giocatore, dopo aver visto la propria carta – senza farla vedere ad altri – decide quanto puntare e come giocare la mano, ossia se fermarsi senza chiedere carta oppure chiederne una (o più di una). Quando la somma delle carte raggiunge o supera il valore di 7 e mezzo, il giocatore deve dichiararlo e scoprire la carta coperta. Se il giocatore, dopo aver ricevuto una o più carte, decide che il punteggio totalizzato è sufficiente per competere con il banco (o bluffare), comunica al mazziere che non desidera altre carte. A quel punto, il mazziere gira la propria carta e sceglie se proseguire e fermarsi; se il giocatore ha totalizzato 7 e mezzo, il mazziere deve continuare a girare le carte dal tallone fin quando non raggiunge lo stesso punteggio o ‘sballa’. Se il banco vince, il giocatore versa la puntata nel piatto; in caso contrario, preleva la somma puntata; se la vincita corrisponde al piatto, il gioco ricomincia con un nuovo mazziere e un nuovo giro di puntate.
Asso che fugge (Saltacavallo)
Noto anche come Cucù (e con diverse altre denominazioni locali), l’Asso che fugge è tra i più celebri giochi di carte napoletane da fare in gruppo. Si tratta di un gioco a eliminazione piuttosto semplice: vince chi resta in gara fino alla fine. Esistono tante varianti regionali, le cui regole possono cambiare anche in maniera significativa; in linea di massima, però, il gioco si svolge come segue.
Si utilizza un mazzo da 40 carte ma se ne possono aggiungere altre se il numero di partecipanti è elevato. Per prolungare la partita, è possibile assegnare ad ogni giocatore una o più ‘vite’; di solito si tratta di puntate in denaro che, una volta perse, vengono aggiunte al piatto che andrà al vincitore.
Scelto il mazziere, questi distribuisce ad ogni giocatore una carta coperta; di solito nessuno può vedere la propria carta prima che il mazziere abbia fatto un cenno o un segno concordato. Il gioco si sviluppa in maniera semplice: ogni giocatore può passare la propria carta a chi si trova alla propria destra; i giocatori non possono rifiutare la carta ‘passata’, a meno che non abbiano un re (Cucù) o un cavallo di qualsiasi seme. Nel primo caso devono scoprirla subito e mostrarla agli altri giocatori; nel secondo, invece, il passaggio della carta ‘salta’ il cavallo (da cui il nome “Saltacavallo”) e prosegue al giocatore successivo. Quando tutti i passaggi di mano sono completati, il mazziere scopre la propria carta, e può decidere se tenerla o spaccare il tallone per pescarne una più alta. Fatto ciò, tutti i giocatori svelano le proprie carte: chi ha la carta dal valore più basso perde (viene eliminato o versa una ‘vita’ nel piatto).
Macchiavelli
Derivato dal Ramino, il Macchiavelli (o “Ramino Macchiavellico”) si gioca con due mazzi da 52 carte a seme francese. Il mazziere distribuisce ad ogni giocatore 13 carte (in alcune varianti il numero è diverso) mentre il resto vanno in un pozzetto. Il primo giocatore di turno ha la possibilità di calare sul tavolo una delle possibili combinazioni valide:
Una scala di almeno tre carte dello stesso seme (ad esempio, un 5, un 6 e un 7);
Una tris o un poker di carte dello stesso valore numerale (ad esempio: tre o quattro assi di semi diversi);
Aggiunta ad una serie già presente sul tavolo. In tal caso, il giocatore ha anche la possibilità di modificare, scomporre e ricomporre le combinazioni sul tavolo, a patto che ognuna resti formata da almeno tre carte. In aggiunta, non può riprendere in mano le carte che ha già giocato.
Nel caso in cui il giocatore non possa fare nessuna delle giocate di cui sopra, deve pescare due carte dal tallone (questa regola vale all’inizio e fin quando il giocatore non ha una combinazione valida da giocare). Il gioco prosegue in questo modo; vince il giocatore che riesce, per primo, a depositare tutte le carte sul tavolo secondo le modalità sopra descritte.
Tra i giochi di carte italiani, la Briscola occupa certamente un posto di primo piano. La versione tradizionale è in assoluto la più comune e praticata, tant’è che la si può anche giocare online, tramite l’app di Digitalmoka. A prescindere dalle varianti regionali, il regolamento della Briscola concede ai giocatori la possibilità di utilizzare dei segni convenzionali, benché suscettibili di variazioni – anche significative – a livello locale. Si utilizzano, naturalmente, nelle partite in cui si affrontano due squadre da due giocatori o nella variante del gioco a cinque giocatori. Di seguito, vediamo quali sono i segni della Briscola, come e quando vanno fatti per attuare precise strategie di gioco.
Perché vengono fatti i segni e quando
I segnali nella Briscola, detti anche “motti”, sono gesti rapidi e discreti che permettono ai giocatori della stessa squadra di comunicare, una cosa che di norma non è consentita nei giochi di carte. Da questo punto di vista, la Briscola rappresenta un’eccezione più unica che rara, dal momento che i segni sono codificati in maniera piuttosto precisa, anche se possono variare in base alle tradizioni ed agli usi del luogo.
Naturalmente, lo scopo principale dei segni di Briscola è informare il proprio compagno di squadra circa le carte che si hanno in mano. Al contempo, i motti possono essere utilizzati per segnalare se, tra le proprie carte, ce ne sono alcune del seme di briscola oppure se si hanno o meno dei ‘lisci’, ossia carte di nessun valore. Lo scambio di questo tipo di informazioni serve ovviamente ad impostare la strategia di gioco per ciascuna mano, così da individuare la carta più adatta da giocare in relazione alle carte in possesso del compagno di squadra.
Non c’è alcun momento della partita in cui sia esplicitamente consentito o vietato fare ricorso ai segni; appena ricevute le carte dal mazziere, ogni giocatore può fare uno o più segni al compagno di squadra, in base alle carte che gli sono state servite. Allo stesso modo, dopo aver pescato una carta coperta dal tallone, ciascun giocatore ha la possibilità di comunicare con il compagno di squadra, aggiornandolo sulle possibilità di giocata. Di solito, sono i giocatori più esperti ad utilizzare il sistema di comunicazione formato dai vari motti della Briscola; va infatti considerato come, per il suo svolgimento e per le regole di presa, il gioco sia piuttosto veloce: i giocatori alle prime armi potrebbero avere qualche difficoltà ad eseguire ed interpretare correttamente i segni senza aver fatto un po’ di pratica.
Quali sono i segni della briscola e che significato hanno
Il linguaggio dei segnali di Briscola è piuttosto articolato e, come detto, può risentire delle tradizioni locali tramandate dai giocatori più esperti. Ragion per cui, non esiste un sistema univoco e universalmente condiviso; allo stesso tempo, è possibile individuare un insieme definito di motti, associati ad un significato ben preciso. Di seguito, riportiamo quelli utilizzati più di frequente:
Stringere le labbra e sporgerle leggermente in avanti, come a simulare un bacio. Questo segno può essere utilizzato per comunicare il fatto di avere in mano un asso o un asso del seme di briscola;
Storcere l’angolo sinistro della bocca: il motto si usa per segnalare un tre o, nello specifico, il tre del seme di briscola;
Alzare gli occhi al cielo indica che il giocatore ha un re o il re di briscola;
Alzare leggermente una spalla è il gesto che il giocatore utilizza per comunicare che ha in mano un cavallo o il cavallo di briscola;
Far sporgere leggermente la lingua tra le labbra serve a comunicare la presenza, tra le proprie carte, di un fante o del fante di briscola (o donna, a seconda del tipo di mazzo utilizzato);
Sfregare il pollice e l’indice è il motto usato dal giocatore che ha in mano una scartina del seme di briscola;
Socchiudere o stringere leggermente gli occhi serve a comunicare al proprio compagno di squadra il fatto di non avere in mano alcuna carta del seme di briscola;
Strizzare un occhio è un segno che può essere utilizzato per indicare di avere in mano un asso, non necessariamente del seme di briscola;
Spostare la mano sinistra verso la spalla destra con un movimento obliquo serve a segnalare che il giocatore ha in mano un sette;
Portare una mano sullo stomaco indica che il giocatore ha un sei;
Arricciare le narici permette di comunicare al proprio compagno di squadra di avere in mano una scartina tra 2, 4 e 5;
Gonfiare le guance, infine, è il gesto designato per far sapere al proprio compagno che si hanno in mano dei ‘carichi’, ossia carte di valore alto (asso o tre, non solo di briscola).
A questi segni gestuali se ne possono aggiungere altri, alcuni codificati altri meno. Per esempio, far sporgere una carta a destra indica “briscola bassa”: il giocatore ha tra le mani una carta di briscola di valore basso (una delle tre figure). Di contro, far sporgere la carta sinistra vuol dire “briscola alta”, ovvero il giocatore ha una carta del seme di briscola di valore elevato (asso o tre). Se i dorsi delle carte sono allineati, invece, vuol dire che il giocatore non ha alcune carta del seme di briscola. In alcuni casi, è possibile attuare anche una comunicazione verbale; nelle partite in cui si gioca con le carte a seme francese, un giocatore può comunicare a voce di avere una regina oppure dire “tre sotto” nel caso in cui abbia in mano anche un sette. Infine, è possibile comunicare con il proprio compagno anche utilizzando oggetti estranei al gioco: un pacchetto di sigarette, un portacenere o altro possono essere spostati secondo un codice che solo i due giocatori conoscono, così da non permettere agli avversari di interpretare le proprie mosse.
Giocare a carte è uno dei passatempi più comuni al mondo, anche per merito dei numerosi giochi esistenti; tra amici o in famiglia, con le carte regionali italiane o con quelle classiche francesi, è possibile cimentarsi in una vasta gamma di giochi, alcuni più semplici altri più complessi: in questo articolo vediamo quali sono i più famosi (alcuni dei quali disponibili anche online, tramite l’app di Digitalmoka).
Scopa
Tra i giochi di carte popolari italiani, la Scopa è certamente il più conosciuto e praticato, sia nella versione tradizionale che nelle tante varianti regionali. Si può giocare in due (uno contro o uno) o in quattro (due contro due), utilizzando un mazzo regionale italiano da 40 carte. All’inizio della partita, il mazziere serve tre carte coperte a ciascun giocatore e poi ne mette quattro scoperte sul tavolo; il giocatore di turno cala una carta e, se può realizza una presa; nella Scopa è possibile effettuare una presa su una carta dello stesso valore numerale oppure più carte (se la somma è pari al valore della carta giocata). Quando un giocatore prende tutte le carte sul tavolo realizza una ‘scopa’; gli altri punti di mazzo previsti dal gioco sono: le carte, la primiera, i denari e il settebello. Quest’ultimo viene assegnato al giocatore (o alla squadra) che riesce ad accaparrarsi il 7 di denari; il punto di ‘denari’ va invece a chi riesce a prendere più carte del seme di denari (lo stesso dicasi per ‘carte’ o ‘lunghi’). La primiera, infine, viene aggiudicata a chi ottiene il punteggio più alto con quattro carte di seme diverso in base al seguente schema:
Il poker è tra i giochi di carte più famosi in assoluto (se non il più celebre di tutti); conosciuto e giocato in tutto il mondo, conta numerose varianti e specialità, accomunate da una stessa logica di base. Il gioco si svolge sempre in senso orario; dopo la distribuzione delle carte da parte del dealer (mazziere, segnalato da un apposito dealer button), ogni giocatore effettua una puntata, contribuendo a formare il ‘piatto’ (ossia la somma o le fiches) da contendersi. A questo punto, i giocatori possono ‘parlare’, ossia compiere una delle seguenti azioni:
Bet (puntare), ossia mettere nel piatto una certa somma;
Check (bussare o passare), decidere se puntare o passare; un giocatore non può passare se quello precedente ha puntato;
Call (vedere o chiamare), pareggiare la puntata, oppure lasciare la mano;
Raise (rilanciare): puntare una somma maggiore rispetto alla puntata minima. In tal caso, gli altri partecipanti devono ‘vedere’ o passare la mano;
Fold (lasciare), rinunciare a rilanciare; così facendo, però, il giocatore perde anche la somma scommessa inizialmente.
Alla fine del giro di scommesse, resta un solo giocatore; non di rado, restano in partita più giocatori. In tal caso è necessario lo showdown, ossia scoprire le carte rimaste in mano. La posta in palio va a chi ha il punto di valore più alto.
Briscola
Assieme alla Scopa, la Briscola è forse il gioco con carte italiane più famoso. Si gioca con un mazzo regionale da 40 carte; il numero di giocatori varia da un minimo di due ad un massimo di cinque. Il mazziere distribuisce ad ogni giocatore tre carte coperte, poi posiziona una carta scoperta sul tavolo (il segnale del seme di briscola), lasciandola sotto il tallone con le carte coperte. La partita si svolge in modo semplice: il giocatore di turno gioca una carta e l’avversario risponde; poi entrambi i giocatori prendono una carta dal tallone (la precedenza va a chi ha effettuato la presa). Le regole di presa tengono conto della gerarchia delle carte, per cui l’asso è la carta con il valore più elevato (11 punti), seguita dall’asso (10 punti); le altre carte di valore sono le figure: il re vale 4 punti, il cavaliere 3 e il fante (o donna) 2 punti. Tutte le altre carte non hanno valore, e sono pertanto chiamate ‘lisci’ o ‘scartine’. Nella briscola tradizionale è possibile prendere una carta dello stesso seme giocandone una di valore maggiore (per le scartine si fa riferimento al valore numerale) oppure calando una qualsiasi carta del seme di briscola.
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Burraco
Nato in Uruguay negli anni Quaranta, il Burraco si gioca con due mazzi di carte francesi da 54 (senza togliere il jolly). Quelle dal 3 al 7 valgono 5 punti, quelle dall’8 al Re valgono 10 punti, l’asso 15 punti, i 2 (o ‘pinelle’) valgono 20 punti e il jolly 30 punti. Solitamente, si gioca in quattro, ovvero due contro due, benché esistano regole specifiche per giocare in tre o in cinque. Scelto il mazziere, questi mescola le carte e le divide in due mazzi; con uno, forma due pozzetti: uno al centro (“tallone”) e uno a destra, formato da due mazzi perpendicolari (da undici carte ciascuno) uno sopra l’altro; con l’altro distribuisce undici carte coperte ai giocatori. Fatto ciò, la partita può cominciare; il giocatore di turno deve pescare una carta dal tallone e scartarne una da quelle che ha in mano; in aggiunta, può calare una carta (o ‘legarla’) ad altre combinazioni o sequenze già sul tavolo. L’obiettivo è realizzare un ‘burraco’, ossia una sequenza di sette o più carte (la denominazione cambia a seconda della composizione della sequenza) e recuperare le carte dal pozzetto smazzato; una partita si conclude quando una coppia ha preso tutto il pozzetto, ha realizzato almeno un burraco e uno dei due giocatori ha esaurito le carte.
Blackjack
Noto anche come “Ventuno”, il Blackjack è un popolare gioco d’azzardo, in cui l’obiettivo è battere il banco (dealer) totalizzando un punteggio più alto (purché non superiore a 21). Il valore assegnato alle carte è il seguente:
L’asso vale 1 o 11 punti, a seconda delle necessità di gioco;
Le carte dal 2 al 10 hanno valore numerale;
Le figure valgono 10 punti.
Una mano di Blackjack ha inizio con la distribuzione di una carta scoperta a ciascun giocatore; il dealer gira anche per sé una carta scoperta, poi ne serve un’altra al resto dei giocatori e ne prende una seconda per sè, stavolta coperta. A questo punto, ogni giocatore decide se chiedere altre carte (hit), proseguire il gioco con quelle che ha già (stand) o giocare due mani contemporaneamente (split); ciò è possibile solo se si hanno due carte uguali. Alla fine, il dealer scopre la carta che teneva coperta; se ha totalizzato un punteggio inferiore a 17, deve girare un’altra carta, altrimenti si procede a confrontare il punteggio totalizzato con quello degli altri giocatori e stabilire chi incassa la posta in palio.
Le carte da gioco sono diffuse in Italia da secoli; ciò ha contribuito, nel corso del tempo, a consolidare – da Nord a Sud – una vasta tradizione di giochi, in cui trovano posto grandi ‘classici’ e numerose varianti locali. Dalla Scopa alla Briscola, passando per il Tressette e molti altri, i giochi di carte italiani costituiscono un microcosmo in cui si intrecciano influssi e tradizioni di ogni genere. In questo articolo vediamo, in breve, quali sono i più importanti giochi con le carte italiane, alcuni dei quali giocabili anche online, tramite l’app di Digitalmoka.
Scopa
Tra tutti i giochi di carte italiane, la Scopa è senza dubbio quello più noto e diffuso in Italia, sia nella sua versione tradizionale sia nelle numerose varianti che si sono imposte a livello locale. La popolarità di questo gioco è dovuta probabilmente alle regole piuttosto semplici ed al giusto mix di fortuna, strategia e capacità mnemoniche necessario per vincere. Si può giocare in due o in quattro (due squadre da due) e vince chi per primo totalizza 7 o 11 punti (in base a quanto deciso prima di cominciare a giocare).
Una partita a Scopa si svolge come segue: il mazziere distribuisce tre carte coperte a ciascun giocatore, poi ne lascia quattro scoperte sul tavolo. Ogni giocatore, a turno, cala una carta e, se può, effettua una presa. Completata una mano (ossia quando tutti i giocatori non hanno più carte in mano), il mazziere distribuisce nuovamente tre carte coperte ad ognuno, fin quando non si è esaurito il tallone.
Le regole di presa, nella Scopa classica, sono molto semplici: è possibile prendere una carta di pari valore numerico oppure due (o più) carte la cui somma è pari al valore della carta giocata. C’è una sola eccezione a questa regola: se il giocatore può effettuare la presa sia per somma sia sulla singola carta, è obbligato a prendere quest’ultima. Esempio: sul tavolo ci sono un 3, un 4 e un 7. Il giocatore di turno che abbia in mano un 7 non può prendere il 3 e il 4 assieme ma deve prendere l’altro 7.
Nella Scopa ci sono solo due punti di presa: la scopa e il ‘settebello’. Il punto di scopa viene assegnato al giocatore che, con una sola carta, prende tutte le carte sul tavolo (fatta eccezione per l’ultima giocata della partita). Il ‘settebello’, invece, è il punto assegnato al giocatore che riesce a prendere il 7 di denari. Per il resto, il gioco prevede tre punti ‘di mazzo’: le carte, la Primiera (o “Settanta”) e i denari.
Briscola
A Briscola si può giocare minimo in due e massimo in cinque. Se il numero di giocatori è dispari (e superiore a due) si gioca uno contro uno; altrimenti la partita si svolge tra due squadre di due partecipanti. Come per la Scopa, anche la Briscola presenta regole molto semplici ma, allo stesso modo, richiede un minimo di memoria e strategia.
Dopo aver mescolato le carte, il mazziere distribuisce tre carte coperte ad ogni giocatore; poi ne mette una scoperta sul tavolo (è la carta che segnala il seme di Briscola) e vi poggia sopra il tallone. Dopo aver calato una carta, e aver effettuato un’eventuale presa, il giocatore di turno ne prende una coperta dal tallone e la mano passa ad un altro giocatore. Il gioco prosegue in questo modo fin quando non terminano le carte coperte. Vince il giocatore (o la squadra) che totalizza per primo 120 punti.
Le regole di presa dipendono dalla gerarchia delle carte (diversa dal valore numerale): l’asso è la carta che vale di più (11 punti); seguono il 3 (10 punti), il re (4), il cavaliere (3) e il fante o donna (2). Le altre carte non hanno valore, per questo vengono comunemente chiamate scarti (o ‘lisci’). Fanno parziale eccezione le carte del seme di briscola, che hanno capacità di presa su tutte le altre carte degli altri semi, anche quelle di valore superiore. La Briscola tradizionale prevede che si possano prendere solo carte dello stesso seme rispettando la gerarchia, a meno di non usare una carta del seme di briscola. Esempio: un 3 di bastoni può prendere tutte le altre carte dello stesso seme, ad eccezione dell’asso. Per gli scarti, vale la regola del valore numerale: un 7 di coppe può prendere tutti gli altri ‘lisci’ di coppe (2, 4, 5 e 6) e può essere preso da tutte le carte di valore del seme di coppe (asso, 3 e figure). Quando un giocatore risponde con una carta di seme diverso (e non di briscola), la presa va al giocatore che ha calato la carta per primo. Esempio (con briscola a denari): un giocatore cala un 2 di coppe, l’altro risponde con un 3 di spade; la presa va al primo giocatore.
Tressette
Praticato in tutta Italia, il Tressette viene declinato in numerose varianti regionali dalle regole molto diverse tra loro. La versione classica e più diffusa prevede che si giochi in quattro (due squadre da due) con un mazzo da 40 carte; il mazziere distribuisce agli altri giocatori dieci carte coperte, dandone a ciascuno cinque per volta. Per convenzione, il primo a giocare è chi ha in mano il 4 di denari; è lui a stabilire anche il seme prevalente della mano (chiamato “palo” in gergo). A questo punto, la partita – che si compone di dieci ‘passate – si svolge in maniera simile alla Briscola: il giocatore di turno cala la propria carta in risposta a quella giocata in precedenza.
Le prese, nel Tressette, sono determinate dalla gerarchia delle carte che, come nella Briscola, differisce dal valore numerale: la carta con il valore più alto è l’asso (vale 1 punto), il 2, il 3 e le figure valgono tutte 1/3 di punto; tutte le altre sono scartine. Al termine di una ‘passata’, ossia quando tutti i giocatori hanno calato la propria carta, la presa va a chi ha giocato la carta di valore più alto del palo fissato per il turno. Se non si hanno carte del seme del palo, si può rispondere con un’altra carta; in tal caso, si dice che il giocatore ha un ‘piombo’. Vince chi raggiunge per primo gli 11 punti, che possono essere raggiunti anche tramite gli accusi (il ‘buongioco’ o la ‘Napola’).
I giochi di carte sono un passatempo certamente ‘tradizionale’ ma ancora oggi molto diffuso, non solo tra gli adulti. L’Italia ha una tradizione cartaria particolarmente vasta, grazie alla presenza di numerosi mazzi regionali, ciascuno dei quali può essere utilizzato tanto per i numerosi solitari esistenti quanto per giochi di coppia o a squadre. Molto spesso, i giochi di carte implicano l’utilizzo di una certa strategia, oltre al ricorso alle proprie doti mnemoniche; al contempo, ne esistono molti facili e divertenti, adatti anche ai più piccoli: di seguito, vediamo quali sono i principali giochi di carte per bambini con le relative regole.
Asino
Adatto a tutte le età, l’Asino – noto anche come “vecia” oppure “old maid” – è un gioco che prevede poche, semplici regole. È possibile utilizzare, indifferentemente, un mazzo da 40 carte oppure uno da 52, nonché apposite carte da gioco per bambini diverse da quelle regionali. Lo scopo è quello di terminare la partita senza avere alcuna carta in mano; perde il giocatore che resta solo con la carta dell’”asino” in mano.
Dopo aver mescolato le carte, il mazziere ne mette da parte una (scelta casualmente) senza che gli altri giocatori la vedano; le altre carte vengono distribuite (coperte) ai giocatori. Non tutti i partecipanti (massimo 20) ricevono lo stesso numero di carte, ma questo non cambia lo svolgimento della partita. Il gioco inizia con ogni giocatore che, a turno, scarta tutte le coppie di carte uguali che ha in mano (due assi, due 2, due 3 e così via) e le mette sul tavolo. Il giocatore rimasto con più carte in mano comincia a giocare, prendendo una carta (senza vederla) dal giocatore seduto alla sua sinistra. Se, così facendo, ha formato una nuova coppia di carte uguali, le scarta entrambe e le mette sul tavolo. Il turno passa al giocatore alla destra, che ripete la stessa operazione; la partita procede in questo modo fin quando un giocatore non resta con una sola carta in mano, quella scartata inizialmente dal mazziere (ossia l’Asino).
Uomo nero
Si tratta di una variante dell’Asino, chiamata anche “Peppa tencia”, “old maid”, “gobbo nero” oppure “fante nero”; il numero di giocatori varia da un minimo di due ad un massimo di otto e si utilizza un mazzo di carte da 52 a seme francese. La sola differenza con “Asino” è che prima di cominciare la partita, il mazziere scarta tutti i fanti, ad eccezione di quello di picche; nel caso in cui si utilizzi un mazzo di carte regionali a semi spagnoli, è possibile scegliere tra il fante di spade e quello di bastoni. Per il resto, la partita si svolge con le stesse modalità del gioco dell’Asino: dapprima i giocatori scartano tutte le coppie di carte uguali che hanno in mano, poi pescano a turno una carta coperta dal giocatore alla propria sinistra. La partita termina quando un solo giocatore resta in mano con l’unico fante presente nel mazzo.
Rubamazzo
Tra i tanti giochi con le carte per bambini, Rubamazzo (o “Rubamazzetto”) è uno dei più famosi. Essendo una variante della Scopa, si gioca con un mazzo regionale da 40 carte; all’inizio della partita, il mazziere distribuisce a ciascun giocatore tre carte coperte e poi ne mette quattro scoperte sul tavolo. A turno, ogni giocatore cala la propria carta: le regole di presa sono identiche a quelle prevista dalla Scopa tradizionale: è possibile prendere sia le carte con lo stesso valore numerale (un 6 con un altro 6, un 5 con un 5 e così via) oppure prendere una somma (un 6 e un 4 con un re, un 3 e un 4 con un 7 etc.).
A differenza della Scopa, però, nel Rubamazzo il giocatore che ha effettuato la presa mette da parte le carte raccolte lasciando l’ultima scoperta; questo perché, nel caso in cui uno degli altri giocatori abbia una carta dello stesso valore, può effettuare la presa sul mazzetto dell’avversario, oltre che sulle carte scoperte presenti sul tavolo. Alla fine della partita, il giocatore che ha effettuato l’ultima presa raccoglie anche le altre carte; i punti non vengono calcolati come nella Scopa: vince semplicemente chi ha più carte nel proprio ‘mazzetto’.
Cucù
Tra i giochi di carte per bambini, il Cucù è quello che vanta il maggior numero di nomi alternativi, tra cui “Asso che fugge”, “Asso che corre”, “Passa l’asso”, “Asso fuggente”, “Saltacavallo” e “Cuculo”. Le regole sono molto semplici e possono variare, anche di molto, in base alle usanze regionali o locali; in linea di massima, si tratta di un gioco ad eliminazione che si conclude quando resta in gara un solo giocatore. In alcune varianti del Cucù, ai giocatori vengono assegnate delle ‘vite’ (in genere tre, ma il numero può variare), da spendere per evitare l’eliminazione, così da prolungare la durata della partita.
Ad una partita a Cucù può partecipare un numero variabile di giocatori: da un minimo di due ad un massimo di venti (anche se, usando un mazzo con più carte, il numero può ancora aumentare). La partita comincia con la distribuzione, da parte del mazziere, di una carta coperta a ciascun giocatore. I giocatori possono vedere le carte quando la distribuzione è finita; in genere, si stabilisce ad inizio partita un ‘segnale’ per indicare quando ciascuno può vedere la propria carta senza farla vedere agli altri (chi non rispetta il segnale può perdere una vita, se la variante giocata lo prevede).
Chi ha un cavallo o un re deve girare la carta sul tavolo; fatto ciò, il primo giocatore di turno (se non ha un re o un cavaliere), guarda la propria carta e sceglie se tenerla o ‘passarla’ al giocatore alla propria destra; questi non può rifiutarsi di cedere la propria carta, ma può passarla nuovamente al giocatore alla sua destra. Il passaggio si ‘blocca’ se il giocatore a destra ha un re, mentre se ha un cavallo, la carta viene scambiata con il giocatore successivo. Alla fine del turno, il mazziere può tenere la carta che ha scambiato oppure prenderne un’altra dal mazzo (dopo averlo spaccato e mostrato la propria). Dopodiché, gli altri giocatori girano le proprie carte: viene eliminato – o perde una vita – chi ha la carta con il valore numerale più basso.
I giocatori adulti possono invece dedicarsi a solitari e giochi di altro tipo, facendo pratica anche online grazie ai giochi disponibili sull’app di Digitalmoka.