Carte genovesi, tutto quello che c’è da sapere


Le carte genovesi sono diffuse in tutte la Liguria e vengono utilizzate anche in alcune zone della Toscana settentrionale, in particolare le province di Massa e Carrara. Questo mazzo regionale è di seme francese, così come gli altri del Nord-Ovest (piemontese e milanese) ed è caratterizzato dalla spiccata affinità con le carte di tradizione franco-belga.

Carte da gioco genovesi, storia di questo mazzo

L’attuale iconografia delle carte genovesi deriva direttamente dal cosiddetto “mazzo belga”, detto anche “mazzo di Parigi”, stampato per la prima volta nel 1853. A metà Ottocento, infatti, il fabbricante Baptiste-Paul Grimaud decise di creare delle carte da gioco simili a quelle francesi da destinare all’esportazione; l’incarico fu affidato a Louis Badoureau, che disegnò il mazzo – praticamente identico a quello in uso ancora oggi anche in Belgio – verso il 1860. Dopo essere stato utilizzato dapprima nei casinò, il mazzo si arrivò anche in Liguria e in altre zone dell’area mediterranea. Naturalmente, la diffusione delle carte da gioco a Genova e in Liguria è di molto antecedente al XIX° secolo. Già alla fine del Seicento, infatti, un editto (datato 1698), rendeva obbligatorio l’utilizzo delle carte del Dauphiné (l’antica provincia francese del Delfinato) nei territori del Ducato di Savoia e, probabilmente, tale obbligo era esteso anche all’attuale Liguria. Le tracce di questo provvedimento sono rimaste in alcuni mazzi in cui la donna di picche ha un simbolo del Delfinato sulla spalla. Risale, invece, al 1799 una testimonianza più evidente della grande diffusione delle carte da gioco a Genova: una legge, approvata dai Serenissimi Collegi, dal Minor Consiglio e dal Gran Consiglio tra aprile e giugno, elenca tutti i ventisei giochi di carte allora permessi in città.

Caratteristiche delle carte genovesi

La versione più diffusa del mazzo genovese conta 40 carte, benché ne esistano varianti meno diffuse da 36 e 52 carte, divise in quattro semi: picche, cuori, quadri e fiori. In dialetto ligure, i semi hanno denominazioni che ricordano, in parte, quelle dei semi spagnoli: dinae (denari) per i quadri, cuppe per i cuori, spoe o spa (spade) per le picche e sciui o sciue per i fiori. Ogni seme conta sette carte numerali (o dieci, nei mazzi da 52) e tre figure; i numerali rappresentano, in ordine progressivo, le cifre da 1 a 7 (o fino a 10) mentre le carte restanti raffigurano il fante, la regina e il re. Le figure sono speculari come quelle del mazzo milanese, con la sola differenza che nelle carte genovesi sono divise in diagonale anziché in orizzontale. Le carte standard misurano 58×88 mm ed hanno una forma piuttosto regolare. Dal punto di vista iconografico, le figure sono pressoché identiche a quelle del mazzo belga, come si evince dal fante di fiori, raffigurato con uno scudo ogivale recante le armi di Spagna. Inoltre, le carte genovesi conservano il verde tra i colori delle vesti delle figure, laddove le carte francesi presentano il colore blu. Per il resto, i personaggi sono raffigurati in modo elegante e ricco di dettagli, indossano vesti vaporose dai colori sgargianti (giallo, verde e rosso). Tra le peculiarità delle singole figure, si segnala la donna di picche, l’unica ad essere raffigurata di profilo anziché frontalmente; il re di quadri è l’unico a non avere le mani in vista mentre gli altri reggono uno scettro (re di picche e di fiori) o una spada corta (re di cuori). Rispetto alle carte di derivazione franco-belga, su quelle genovesi mancano gli indici, tranne rare eccezioni.

Giochi carte genovesi: quali sono?

Con le carte genovesi è possibile fare tutti i giochi che richiedono un mazzo da 40 carte, a partire da quelli più popolari come la Scopa, il Tressette, la Briscola e lo Scopone; si può giocare anche a Baccarà, con il mazzo da 52. Tipico dell’area ligure è la Cirulla, una variante piuttosto complessa della Scopa tradizionale. Noto anche come Cirolla o Ciapachinze (“acchiappaquindici”), si gioca in due (uno contro uno) o in quattro (due contro due). Il gioco inizia allo stesso modo della Scopa: il mazziere distribuisce tre carte coperte ad ogni giocatore e mette sul tavolo quattro carte scoperte; se queste assommano a 15 o 30, il mazziere le raccoglie e mette a segno una o due scope. Per il resto, il gioco si sviluppa in maniera identica alla Scopa; a cambiare sono le prese e le accuse. Per quanto riguarda le prime, la Cirulla prevede, oltre a quella semplice (con una carta se ne prende un’altra uguale), la presa da 15, possibile quando la somma con la carta calata e una o più presenti sul tavolo è uguale a 15. Con la presa d’asso, invece, un giocatore può, calando un asso, può effettuare una presa da 15 oppure prendere un asso dal tavolo; in caso contrario, può prendere tutte le carte e mettere a segno una scopa. Le accuse nella Cirulla sono: la “bàrsega” o “buona da tre”, e la “buona da dieci”. La prima vale 3 punti e viene assegnata al giocatore che ha in mano tre carte la cui somma è inferiore a dieci; la seconda, invece, vale dieci punti ed è riconosciuta a chi ha tre carte uguali in mano. Le accuse vanno ‘dimostrate’ facendo vedere le carte agli altri giocatori. Ai fini dell’assegnazione dei punti, il 7 di cuori – detto “matta” – può assumere qualsiasi valore numerale da 1 a 10, a patto che serva per una bàrsega, una buona da dieci o una presa da 15. Il calcolo del punteggio è molto simile a quello della scopa ma prevede anche la Cirulla “piccola” (3 punti a chi raccoglie asso, 2 e 3 di quadri) e la “grande” (da 5 punti per il giocatore che prende le figure di quadri).figure di quadri).

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