Carte piacentine, tutto quello che c’è da sapere su questo mazzo mitico


Le carte piacentine sono tra le più belle e riconoscibili carte regionali italiane; vengono utilizzate diffusamente non solo a Piacenza e provincia ma in parte dell’Emilia occidentale (oltre che in alcune zone della Lombardia, della Marche e in Garfagnana) mentre nel resto della regione si usano perlopiù le carte bolognesi e romagnole. Come quelle napoletane e siciliane, le carte piacentine fanno parte dei cosiddetti “semi spagnoli” che, a loro volta, rientrano nei “semi latini”, caratterizzati da un disegno lineare ma ricco di dettagli.

Storia delle carte piacentine

La genesi delle carte piacentine è incerta; secondo alcune fonti, vennero importate dalle truppe francesi per poter giocare alla Aulette, un antico gioco di origine spagnola affermatosi in Francia durante il periodo rinascimentale. Queste carte furono poi ridisegnate dagli artisti piacentini, probabilmente ispirati da un mazzo disegnato dallo spagnolo PhelippeAyet nel 1574 circa (e ora conservato a Madrid): tra le principali analogie, il fatto che le figure siano tutte in piedi, compresi i re che – in molti altri mazzi regionali – siedono su di un trono. Le carte piacentine assumono il loro aspetto attuale a metà Ottocento, grazie all’attività dello stampatore Lattanzio Lamperti che inizialmente si ispirò ai disegni del milanese Ferdinando Gumppemberg (il quale, a sua volta, aveva reso il disegno generale del mazzo più elegante) per poi creare delle carte più originali, vestendo le figure in guise vagamente medievali. Nel 1950 si registra l’ultima variazione che, tutt’oggi, caratterizza in maniera significativa le carte piacentine con le ‘figure doppie’ (o ‘specchiate’) in luogo di quelle intere, per far sì che le carte non venissero date girate come segnale tra i giocatori. Ad oggi, il mazzo con le figure speculari è il più utilizzato.

Carte da gioco piacentine: caratteristiche

Come tutte le altre carte regionali italiani, quelle piacentine sono 40, divise in quattro semi (coppe, spade, denari e bastoni). Ciascuno conta sette carte che rappresentano progressivamente le cifre dall’uno al sette, mentre le altre sono le ‘figure’, ossia il fante, il cavallo e il re. Dal punto di vista artistico, il mazzo piacentino presenta diverse analogie con quello romagnolo, soprattutto per quanto riguarda la posa delle figure. Il disegno è particolarmente ricco di dettagli e rende ciascuna carta molto caratteristica. L’asso di denari è di certo la più peculiare: raffigura un’aquila coronata (in dialetto locale chiamata ‘Polla’) il cui ventre è occupato da cerchio bianco dove, fino al 1972, si trovava l’imposta di bollo per la tassa sulle carte. L’asso di bastoni, invece, è rappresentato da un tronco tagliato avvolto da una rampicante mentre quello di spade è una sciabola impugnata da un putto e avvolta da una corona floreale. Molto ricco e decorato anche il disegno del cinque di spade.

Giochi carte piacentine: quali sono i più importanti

Le carte piacentine possono essere utilizzate per una gran varietà di solitari e giochi. Tra i più diffusi e popolari vi è certamente la Scopa. Diffuso in tutta Italia, la si può giocare in due, tre, quattro o a coppie (due o tre). Ogni giocatore riceve tre carte coperte mentre il mazziere ne mette quattro scoperte sul tavolo. La ‘presa’ può essere fatta prendendo una carta uguale (di seme diverso) o più carte, a patto che queste ultime rappresentino la somma del valore della carta giocata (e sul tavolo non ce ne sia una analoga). Se un giocatore prende tutte le carte rimaste a terra con una sola presa mette a segno una ‘scopa’, che gli vale un punto. Gli altri punti sono: denari (maggior numero di carte del seme denari), settebello (va a chi prende il sette di denari), settanta o primiera. Per calcolarla si assegnano 21 punti ai sette, 18 ai sei, 16 agli assi, 15 ai cinque, 14 ai quattro, 13 ai tre, 12 ai due e 10 alle figure. Naturalmente, con il mazzo piacentino si possono giocare anche lo Scopone con le relative varianti. Altro gioco fattibile con le carte piacentine è il Tressette, in tutte le varie declinazioni praticate a livello regionale e nazionale. Una caratteristica comune è la gerarchia delle singole carte, che assegna il valore più alto al tre e il più basso al quattro. Una mano di Tressette si articola in diverse ‘passate’, fin quando ogni giocatore non ha calato tutte le carte. Di norma, si risponde al ‘palo’ con una carta dello stesso seme e chi ha calato quella più alta effettua la ‘presa’. Se si risponde con una carta diversa (‘piombo’), non si ha diritto alla presa. Forse derivata da giochi francesi, la Briscola fa parte del campionario dei giochi tradizionali italiani, giocabile anche con le carte piacentine. Il numero di giocatori (singoli) varia da due a cinque mentre a squadre si può giocare in quattro o in sei. Le regole sono piuttosto semplici: il mazziere dà tre carte coperte a ciascun giocatore e ne lascia una scoperta a terra (il seme di briscola). Dopo ogni giocata, i giocatori prendono una carta da sopra il mazzo lasciato sul tavolo, fin quando non viene pescata l’ultima. La Briscola ha una gerarchia delle carte molto particolare: l’asso vale 11, il tre vale 10, il re 4, il cavallo 3 e il fante 2. Le altre carte non hanno valore e sono dette lisci. Ogni carta del seme di briscola prevale (e dà diritto alla presa) su tutte le altre mentre per carte dello stesso seme vale la gerarchia di cui sopra. Se si risponde ad una carta di valore con una di seme diverso, la presa va al giocatore che ha calato per primo.3

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